Salgo subito in auto. Speravo di superare velocemente
il primo semaforo.
”Sì! L’abbiamo passato.”
Ancora
un altro: “Vai che è verde!”
Al
terzo, tuttavia, ci dobbiamo fermare.
Ripartiamo
di nuovo. Incontriamo curve e controcurve.
Una
serie di dossi, affrontati in modo un po’ veloce, mi disturbano.
Ancora
un altro e poi: ”Via libera!”
Una
rotonda e quasi ci siamo.
E’
buio, ma in prossimità dell’ospedale l’illuminazione aumenta, si fa, via via, molto
più intensa.
Mi
sento un po’ rassicurata ma, avvicinandomi al P.S. il ritmo del battito
cardiaco accelera.
Consegno
il mio tesserino sanitario alla “reception” ed espongo il motivo della mia
“visita”: il dito indice sanguina ancora, nonostante i numerosi strati di garza
impiegati.
Il
medico addetto col camice verde prima mi disinfetta, poi compila un documento e
mi dice che dovrò attendere la chiamata del chirurgo.
Si
attiva per il “triage” e mi assegna quindi il codice di gravità.
Il suo colore mi tranquillizza: anche stavolta
deduco che è andata bene, anche se dovrò aspettare, forse per molto, dipenderà
dalle altre urgenze…meglio così! Se mi avesse dato il codice di colore diverso,
sarei entrata subito, ma come?
Finalmente
arriva il chirurgo che mi invita ad entrare in una sala attigua e mi fa
stendere sul lettino.
“Un
bel taglio, non c’è dubbio, ma non c’è nulla di lesionato. E’ stata fortunata:
un po’ di colla, antibiotico per cinque giorni…Per quel che riguarda la
vaccinazione antitetanica, vedo dal tesserino che è coperta fino al 2015” .
Nonostante
il dolore e lo stress, sono quasi contenta e più rilassata.
Mi
medica, mi consiglia inoltre di non bagnare la ferita per alcuni giorni e mi
congeda.
Esco
dalla sala del P.S. e trovo il volto preoccupato di mio marito.
Un
sorriso da parte mia ed un incontro di sguardi che si parlano, comunicano con
un particolare linguaggio, ma con uno stesso colore di occhi: verde.
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