martedì 29 gennaio 2013

L'anno che verrà

Varcando la soglia della pasticceria di fiducia, in cui tutti gli anni si recava a comprare il dolce per la feste di fine anno, Camilla si sentì per un momento fuori posto: dove erano finiti tutti i commessi? Si guardò intorno e non vide altri clienti oltre a lei, anche se l’anno aveva i giorni contati ormai. Dunque, tutta quella manodopera non era poi così necessaria. Era rimasto un solo panettone, senza uvette né canditi, senza zucchero né uova, in compenso venduto a un prezzo esorbitante, prendere o lasciare. Confusa, se lo fece confezionare ma, al posto della luccicante carta dorata, il dolce venne avvolto in un vecchio foglio di giornale.
Ancora intontita dall’amara esperienza, uscendo in strada incontrò una conoscente che teneva per mano, quasi trascinandolo, il figlioletto mogio e smarrito. “Niente scuola oggi?” cantilenò Camilla “Ma come, non lo sai?” rispose la donna, “La scuola ha chiuso, i maestri non sono stati pagati e se ne sono andati, inoltre il riscaldamento non funzionava più perché è finito il combustibile.
Sgomenta, Camilla si guardò intorno e solo allora fu consapevole di ciò che stava accadendo. Intere famiglie uscivano dalle scuole abbandonate portandosi via vecchi banchi e lavagne: alla scuola non servivano più, quindi tanto valeva utilizzarli come legna da ardere per riscaldare le gelide abitazioni, dato che il prezzo di legna e carbone era salito alle stelle.
Proseguì con passo greve sul selciato ostile della grande piazza del centro su cui incombeva plumbea l’imponente cattedrale.
Le luci natalizie erano spente, le botteghe chiuse, i mezzi di trasporto in sciopero, le scuole saccheggiate e, in ogni angolo, folti gruppi di orchestrali cercavano di allietare la mestizia dei passanti chiedendo in cambio un pasto caldo o qualche spicciolo. Ricordò in quel momento che l’antico teatro era stato chiuso per lavori di manutenzione a inizio anno e mai più riaperto perché il denaro destinato allo scopo era stato dirottato altrove. Ecco dov’era finita l’orchestra, allora!
Accelerò il passo oppressa da una crescente angoscia, raggiunse ansimante il portone di casa e, mentre si dirigeva verso l’ascensore, il portinaio la raggiunse con una raccomandata dell’ente che avrebbe provveduto a garantirle una vecchiaia dignitosa. Bene, pensò, finalmente una buona novella, saranno i conteggi della pensione. Tra un paio di mesi avrebbe smesso di lavorare e finalmente si sarebbe potuta dedicare alle sue letture preferite, alle amate piante e a lunghe passeggiate senza meta. Aprì la busta, ma dopo aver scorso le prime righe si sentì mancare e si abbandonò inerte sulla poltrona. La informavano che avrebbe dovuto lavorare ancora dieci anni se voleva usufruire dei contributi versati fino a quel momento. Ricordò all’improvviso quella donna che, quasi un anno prima, chiedeva sacrifici ai cittadini singhiozzando tra una lacrima e l’altra: ma, come si chiamava…?
Le parve di impazzire, si riversò sul terrazzino alla ricerca di una boccata d’aria e in un attimo il mondo intorno a lei si popolò di fantasmi.
Un cavaliere dell’apocalisse con uno strano fazzoletto a foggia di copricapo irruppe fragoroso sulla scena lanciando monete d’oro alla popolazione e promettendo ogni tipo di benessere: case esentasse, lavoro per tutti, opportunità per le fanciulle più volonterose di apprendere arti e mestieri di antica tradizione. Una folla evidentemente smemorata, impazzava e invocava a gran voce il benefattore.
Improvvisamente, un prato a perdita d’occhio ammantò la città: migliaia di minuscoli grilli frinivano rumorosi saltando da un filo all’altro e si appellavano alla coscienza dei cittadini, incitandoli a liberarsi della vecchia aristocrazia e promettendo ad ognuno un ruolo democratico all’interno della comunità.
Infine, Camilla si sentì trascinare in un vortice e approdò in una sorta di girone dantesco abitato da flemmatiche masse di persone che conversavano tra loro ormai solo per metafore, girovagando da un gazebo all’altro tra tavolate di salamelle e Sangiovese.
Si risvegliò in un bagno di sudore, con il cuore in gola e una sete terribile. Si era concessa un pisolino, quel pomeriggio del 31 dicembre 2012, per riuscire a tirare mezzanotte senza imbarazzanti colpi di sonno.
Ci mise un po’ a capire che si era trattato di un incubo, un terribile incubo.
Il ricco panettone cosparso di mandorle zuccherate, frutta candita e scaglie di cioccolato pregiato, fortunatamente, faceva la sua bella figura al centro della tavola. Sulle pareti della sala da pranzo si riflettevano le luci intermittenti delle sontuose decorazioni. Tutto era pronto quella sera, come ogni anno, per accogliere gli amici con cui era solita festeggiare l’arrivo del nuovo anno.
Camilla si rimise in piedi e si scrollò di dosso l’ultimo brivido e, insieme ad esso, un flebile ma alquanto insidioso pensiero.
Sì, sì, era stato proprio solo un bruttissimo sogno…

Cristina Perreca, gennaio 2013

1 commento:

  1. Il tuo racconto mi è piaciuto moltissimo: ci hai parlato della nostra situazione politica senza annoiarci, anzi divertendoci e, quello che ritengo più importante, facendoci riflettere.
    Chi dice che sia solo un sogno?

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