venerdì 1 febbraio 2013

Nella pancia della balena

Altissime, lo sollevavano fino al cielo, quasi a toccare le grandi nubi gonfie di pioggia che plumbee e minacciose nascondevano il sole. Poca luce per i colori e il mondo circostante pareva un film in bianco e nero. Finiva poi in un tunnel con le pareti d’acqua così compatte da sembrare solide, un muro che gli si stringeva intorno, lo inglobava e, tra bolle e schiuma, iniziava un violento girotondo che gli faceva perdere il senso del tempo e dello spazio. Una spinta potente lo riportava a galla e, dondolando piano, Pinocchio, aspettava la prossima onda.
Il vento si era placato, ma prima aveva disperso i nembi permettendo alla luce di filtrare. Una moltitudine di raggi dorati colpivano la superficie del mare facendola somigliare a un cielo dove le stelle erano così fitte da cancellarne il blu.
Cullato, da un lento movimento, era, adesso, più curioso che spaventato.
Sopra di lui gabbiani con le ali distese volteggiavano, disegnavano cerchi immaginari e lanciavano a turno strilli acuti. Si tuffavano veloci, con le ali aderenti al corpo e il collo proteso come una lancia per riapparire subito con un guizzo argentato nel becco.  Sotto nuotavano centinaia di pesci, alcuni grandi altri piccini. Certi avevano ali gigantesche e si muovevano come in un volo.
All’orizzonte c’era solo una linea in cui i blu di cielo e mare si confondevano creando un terzo colore.
Si alzò un ombra alle sue spalle, la sua forma era quella di un pesce e le dimensioni quelle di una montagna. Girandosi vide la balena. Era così grande che il suo sguardo non riusciva a contenerne la figura per intero. Vide i molluschi attaccati alla sua pelle grigia come sulla carena di una nave, riuscì a guardarla negli occhi, occhi troppo piccoli per un’animale tanto grande ma fu solo per un istante, una nuova corrente lo risucchiò e, passando attraverso denti che parevano colonne, fu dentro di lei.
E all’improvviso il mondo cambiava un’altra volta, nel buio tornava la paura.
Sentiva rumorosi gorgoglii, una puzza acida gli risalì le narici facendogli rimpiangere l’aria fresca e salmastra, riconoscendola, solo adesso, come un profumo. Galleggiava in un liquido denso, non riusciva a vedere ma percepiva una presenza.
<< C’è qualcuno? >> la voce del burattino rimbalzò tra le pareti elastiche della grossa pancia come su un tamburo e le onde sonore riempirono lo spazio.
<< Sono qua >> Flebile e lontana arrivò la risposta.
Quella voce gli sembrava famigliare e fiducioso nuotò nella sua direzione.
Arrivò a qualcosa che sembrava essere una barchetta di legno.
<< Chi sei?>> chiese ancora Pinocchio
<< Sono Mastro Geppetto >> mormorò lo stesso di prima, la voce adesso era vicinissima.
<< Babbo! Sono io, Pinocchio. >>
<< Figlio mio! Ti ho cercato tanto, a lungo e adesso che avevo perso le speranze ti ho ritrovato >>  Tra pianti e risa Padre e figlio raccontarono ognuno la propria avventura così magicamente unita dallo stesso destino.
Da quella pancia dovevano uscire, ci provarono dallo stesso posto da cui erano entrati: quando la balena spalancava la bocca remavano insieme verso l’esterno ma le vecchie braccia di Geppetto e quelle piccole di Pinocchio non erano abbastanza forti per contrastare la corrente. Stremati e sconsolati, si sdraiarono supini, il loro sguardo andò a una luce che, a intervalli regolari come quelli di un respiro, filtrava da un buco nel soffitto. << Guarda! >> dissero in coro col dito puntato in alto.
Usarono le ultime forze per raggiungere il punto in cui avevano visto lo spiraglio che però in quel momento non c’era. All’improvviso una tromba d’aria sollevò la barchetta, i due si abbracciarono stretti pensando fosse la fine.
Chiusero gli occhi quasi questo li potesse proteggere e non si accorsero che il potente getto d’aria aveva fatto riapparire il pertugio aprendolo come fosse una finestra, e fu da quella che la piccola barca uscì e si ritrovò ancora una volta in mare.
Anna Sponza, dicembre 2011

1 commento:

  1. Una scena molto suggestiva e ben narrata, drammatizzata dalle tinte forti che sembrano prendere forma su una tela, lo definirei un racconto "pittorico".
    Brava Anna, l'ho riletto con piacere!

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