La chioma folta
e lucida avrebbe potuto avvolgerla quasi meglio di una sari, tanto era lunga e
morbida. Era l’invidia delle compagne di classe e l’ammirazione dei ragazzi che
si voltavano a guardarla per strada. Una zavorra divenuta insostenibile per
Poona, una ragione di vita per la madre.
Sin da quando
aveva quattro anni, Poona, che il nonno chiamava affettuosamente Poonzel,
partecipava a concorsi di bellezza. Inizialmente solo a Delhi, poi negli stati
più vicini, nel tempo anche in altre città fino a toccare i punti più estremi
dell’India, da nord a sud, da Ahmedabad a Chennay.
Grazie ai premi
e alla notorietà acquisita dalla bambina, la famiglia aveva potuto lasciare il
villaggio nativo poco distante da Delhi e raggiungere gli zii e i cugini nella
loro modesta dimora alla periferia della
città. La casa non era grande ma disponeva di un’ampia terrazza in cui si svolgeva la maggior parte delle attività delle due famiglie.
città. La casa non era grande ma disponeva di un’ampia terrazza in cui si svolgeva la maggior parte delle attività delle due famiglie.
La madre di
Poonzel, Lakshmi, si era dedicata anima e corpo alla figlia e aveva sviluppato
un atteggiamento ansioso ed eccessivamente protettivo nei suoi confronti,
sempre attenta a che non si procurasse graffi al viso o si sbucciasse un
ginocchio.
In particolare,
Lakshmi nutriva una devozione maniacale per i capelli della figlia che non
aveva mai permesso a nessun altro di lavare, pettinare o acconciare. I lunghi
capelli di Poonzel erano il suo cavallo di battaglia: ai concorsi i giudici
erano attratti come mosche dal miele dalle meravigliose acconciature intrecciate
con ghirlande di profumatissimi fiori di gelsomino.
Papà Ranjit non
vedeva di buon occhio quei concorsi e più volte aveva tentato di dissuadere la
moglie dal proseguire lungo quella strada faticosa e dalla meta incerta. Il
vero motivo era che non riusciva ad adattarsi alla vita in città, non aveva
legato con i parenti né con i vicini e aveva nostalgia delle lunghe serate
trascorse attorno al fuoco, al villaggio, a fumare foglie di betel e ascoltare
le monotone vicende quotidiane degli altri uomini.
Ma Lakshmi non
ne voleva sapere, fiera di avere messo al mondo una creatura dall’aspetto
divino, che la riscattava in qualche modo da un’infanzia trascorsa in miseria.
Magari qualcuno l’avesse portata via dalla capanna di fango e lamiera in cui
era nata per vestirla come le fanciulle di città e mostrare al mondo la sua
rara bellezza! Lakshmi 1) - mai nome era stato più appropriato - da
bambina era stata ancora più bella di Poonzel: grandi occhi verdi illuminavano
l’ovale perfetto del viso dalla pelle leggermente ambrata e un largo sorriso
schietto e spontaneo irradiava gioia ovunque si trovasse. A fare da cornice,
infine, una cascata di folti capelli dai riflessi blu che un brutto giorno
aveva dovuto sacrificare al mercato per ricavare dai venditori di parrucche
qualche rupia con cui aiutare la famiglia in un momento particolarmente
critico.
Quel giorno
l’aveva segnata per sempre e ogni volta che Poonzel vinceva un concorso,
Lakshmi sentiva salire dal profondo un senso di riscatto che un po’ alla volta
stava sanando l’ingiustizia subita.
Un pomeriggio,
Poonzel era affacciata alla terrazza e guardava un po’ annoiata i cugini e i
bambini del vicinato che giocavano nel cortile antistante la casa. Uno di loro
si accorse di lei e la invitò al nuovo luna
park che era appena stato allestito nel quartiere, poco lontano da casa.
park che era appena stato allestito nel quartiere, poco lontano da casa.
La madre
riposava, Poonzel pensò che non avrebbe avuto nulla in contrario, sarebbe
andata solo a curiosare un po’.
Non ebbe tempo
per legare i capelli, corse fuori e si unì agli altri.
Le giostre, la
roboante musica sparata dagli altoparlanti con le colonne sonore dell’ultimo
successo cinematografico, il profumo dolciastro delle nuvole rosa di zucchero
filato, le luci e i colori sgargianti del luna park ebbero un impatto
inebriante su Poonzel, che piano piano abbandonò ogni riserva e si lasciò
coinvolgere dall’atmosfera di festa. “Ayé 2), un giro
gratis per tutti bambini!” urlava un giostraio. Non se lo fece ripetere due
volte e balzò sul seggiolino della grande ruota. Vedere la città dall’alto era
come guardare attraverso un caleidoscopio: mille colori che un attimo dopo si
scomponevano per dar forma a immagini diverse come le molteplici sfaccettature della
caotica vita indiana. Che esperienza meravigliosa da raccontare a casa la sera!
Scese dalla
ruota saltando di gioia, una fluida onda di capelli si librò nell’aria quasi al
rallentatore, come
nella scena più romantica di un film e, ricadendo, si impigliò in un ingranaggio che azionava il seggiolino.
nella scena più romantica di un film e, ricadendo, si impigliò in un ingranaggio che azionava il seggiolino.
Il giostraio si
precipitò a staccare la corrente e subito un nugolo di persone fece capannello
intorno alla bambina, ognuno proponendo una soluzione per liberare i capelli di
Poonzel che, gli occhi sbarrati dalla paura, scongiurava il giostraio di non
rovinarle la chioma.
Tentarono in
tanti, a più riprese, di far retrocedere il meccanismo, ma peggiorarono solo la
situazione. I capelli si aggrovigliavano incastrandosi ancora di più, non c’era
altro modo per liberare la bambina che tagliarli. Qualcuno portò un grosso paio
di forbici arrugginite e… zac! In men che non si dica, con un taglio secco,
Poonzel abbandonò per sempre la lunga chioma e con essa svanirono tutti i sogni
di rivalsa di Lakshmi.
Passato lo spavento,
Poonzel si sentì all’improvviso leggera come mai era stata, le sembrava di
volare, era certa di riuscire a correre più veloce di prima. Lacrime di
disperazione le solcavano il bel visino, ma dal profondo una nuova sensazione
di gioia la pervadeva. Era terrorizzata dall’incontro con la madre, come aveva
potuto farle questo?
Quando Lakshmi
vide arrivare la figlia ridotta in quello stato, si sentì mancare, “Bacchì!
3) urlò accasciandosi a terra!
Poonzel si
fermò come paralizzata e tentò di spiegarle cosa era successo tra un sussulto e
l’altro: “Perdonami mamma, avevo solo voglia di divertirmi come gli altri
bambini, ero così felice lassù, forse Shiva mi ha voluto punire per questo!”.
Come folgorata
da un fulmine, Lakshmi all’improvviso capì: “No cara, è me che ha voluto
punire per averti privato di una vita normale Da oggi potrai giocare, correre e
divertirti come gli altri bambini.”
Prese Poonzel
per mano e insieme rientrarono a casa, facendosi largo tra parenti e vicini che
avevano assistito attoniti alla scena.
Per la prima
volta Lakshmi si sentì in pace con il suo passato, la ferita si era
completamente rimarginata.
1) Lakshmi: dea
della bellezza e della prosperità
2) Ayé!: Forza!
3) Bacchì:
Bambina mia
Cristina
Perreca, dicembre 2013
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