martedì 29 gennaio 2013

Poonzel

Quante volte devo dirti di non lasciare i capelli sciolti quando esci per strada, Poona?” urlò la mamma alla figlioletta sudata che sgattaiolava in casa cercando di non farsi vedere. Poona salì sulla terrazza, si sedette di fronte allo specchio, intinse le dita nel barattolo dell’olio di cocco e cominciò a ungersi delicatamente i capelli, come faceva tutti i giorni da quando ne aveva memoria.
La chioma folta e lucida avrebbe potuto avvolgerla quasi meglio di una sari, tanto era lunga e morbida. Era l’invidia delle compagne di classe e l’ammirazione dei ragazzi che si voltavano a guardarla per strada. Una zavorra divenuta insostenibile per Poona, una ragione di vita per la madre.
Sin da quando aveva quattro anni, Poona, che il nonno chiamava affettuosamente Poonzel, partecipava a concorsi di bellezza. Inizialmente solo a Delhi, poi negli stati più vicini, nel tempo anche in altre città fino a toccare i punti più estremi dell’India, da nord a sud, da Ahmedabad a Chennay.
Grazie ai premi e alla notorietà acquisita dalla bambina, la famiglia aveva potuto lasciare il villaggio nativo poco distante da Delhi e raggiungere gli zii e i cugini nella loro modesta dimora alla periferia della
città. La casa non era grande ma disponeva di un’ampia terrazza in cui si svolgeva la maggior parte delle attività delle due famiglie.
La madre di Poonzel, Lakshmi, si era dedicata anima e corpo alla figlia e aveva sviluppato un atteggiamento ansioso ed eccessivamente protettivo nei suoi confronti, sempre attenta a che non si procurasse graffi al viso o si sbucciasse un ginocchio.
In particolare, Lakshmi nutriva una devozione maniacale per i capelli della figlia che non aveva mai permesso a nessun altro di lavare, pettinare o acconciare. I lunghi capelli di Poonzel erano il suo cavallo di battaglia: ai concorsi i giudici erano attratti come mosche dal miele dalle meravigliose acconciature intrecciate con ghirlande di profumatissimi fiori di gelsomino.
Papà Ranjit non vedeva di buon occhio quei concorsi e più volte aveva tentato di dissuadere la moglie dal proseguire lungo quella strada faticosa e dalla meta incerta. Il vero motivo era che non riusciva ad adattarsi alla vita in città, non aveva legato con i parenti né con i vicini e aveva nostalgia delle lunghe serate trascorse attorno al fuoco, al villaggio, a fumare foglie di betel e ascoltare le monotone vicende quotidiane degli altri uomini.
Ma Lakshmi non ne voleva sapere, fiera di avere messo al mondo una creatura dall’aspetto divino, che la riscattava in qualche modo da un’infanzia trascorsa in miseria. Magari qualcuno l’avesse portata via dalla capanna di fango e lamiera in cui era nata per vestirla come le fanciulle di città e mostrare al mondo la sua rara bellezza! Lakshmi 1) - mai nome era stato più appropriato - da bambina era stata ancora più bella di Poonzel: grandi occhi verdi illuminavano l’ovale perfetto del viso dalla pelle leggermente ambrata e un largo sorriso schietto e spontaneo irradiava gioia ovunque si trovasse. A fare da cornice, infine, una cascata di folti capelli dai riflessi blu che un brutto giorno aveva dovuto sacrificare al mercato per ricavare dai venditori di parrucche qualche rupia con cui aiutare la famiglia in un momento particolarmente critico.
Quel giorno l’aveva segnata per sempre e ogni volta che Poonzel vinceva un concorso, Lakshmi sentiva salire dal profondo un senso di riscatto che un po’ alla volta stava sanando l’ingiustizia subita.
Un pomeriggio, Poonzel era affacciata alla terrazza e guardava un po’ annoiata i cugini e i bambini del vicinato che giocavano nel cortile antistante la casa. Uno di loro si accorse di lei e la invitò al nuovo luna
park che era appena stato allestito nel quartiere, poco lontano da casa.
La madre riposava, Poonzel pensò che non avrebbe avuto nulla in contrario, sarebbe andata solo a curiosare un po’.
Non ebbe tempo per legare i capelli, corse fuori e si unì agli altri.
Le giostre, la roboante musica sparata dagli altoparlanti con le colonne sonore dell’ultimo successo cinematografico, il profumo dolciastro delle nuvole rosa di zucchero filato, le luci e i colori sgargianti del luna park ebbero un impatto inebriante su Poonzel, che piano piano abbandonò ogni riserva e si lasciò coinvolgere dall’atmosfera di festa. “Ayé 2), un giro gratis per tutti bambini!” urlava un giostraio. Non se lo fece ripetere due volte e balzò sul seggiolino della grande ruota. Vedere la città dall’alto era come guardare attraverso un caleidoscopio: mille colori che un attimo dopo si scomponevano per dar forma a immagini diverse come le molteplici sfaccettature della caotica vita indiana. Che esperienza meravigliosa da raccontare a casa la sera!
Scese dalla ruota saltando di gioia, una fluida onda di capelli si librò nell’aria quasi al rallentatore, come
nella scena più romantica di un film e, ricadendo, si impigliò in un ingranaggio che azionava il seggiolino.
Il giostraio si precipitò a staccare la corrente e subito un nugolo di persone fece capannello intorno alla bambina, ognuno proponendo una soluzione per liberare i capelli di Poonzel che, gli occhi sbarrati dalla paura, scongiurava il giostraio di non rovinarle la chioma.
Tentarono in tanti, a più riprese, di far retrocedere il meccanismo, ma peggiorarono solo la situazione. I capelli si aggrovigliavano incastrandosi ancora di più, non c’era altro modo per liberare la bambina che tagliarli. Qualcuno portò un grosso paio di forbici arrugginite e… zac! In men che non si dica, con un taglio secco, Poonzel abbandonò per sempre la lunga chioma e con essa svanirono tutti i sogni di rivalsa di Lakshmi.
Passato lo spavento, Poonzel si sentì all’improvviso leggera come mai era stata, le sembrava di volare, era certa di riuscire a correre più veloce di prima. Lacrime di disperazione le solcavano il bel visino, ma dal profondo una nuova sensazione di gioia la pervadeva. Era terrorizzata dall’incontro con la madre, come aveva potuto farle questo?
Quando Lakshmi vide arrivare la figlia ridotta in quello stato, si sentì mancare, “Bacchì! 3) urlò accasciandosi a terra!
Poonzel si fermò come paralizzata e tentò di spiegarle cosa era successo tra un sussulto e l’altro: “Perdonami mamma, avevo solo voglia di divertirmi come gli altri bambini, ero così felice lassù, forse Shiva mi ha voluto punire per questo!”.
Come folgorata da un fulmine, Lakshmi all’improvviso capì: “No cara, è me che ha voluto punire per averti privato di una vita normale Da oggi potrai giocare, correre e divertirti come gli altri bambini.
Prese Poonzel per mano e insieme rientrarono a casa, facendosi largo tra parenti e vicini che avevano assistito attoniti alla scena.
Per la prima volta Lakshmi si sentì in pace con il suo passato, la ferita si era completamente rimarginata.
1) Lakshmi: dea della bellezza e della prosperità
2) Ayé!: Forza!
3) Bacchì: Bambina mia

Cristina Perreca, dicembre 2013

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