domenica 24 febbraio 2013

Invidia

A tredici anni si era trasferita, con la famiglia, dalla città al piccolo paesino di provincia poco lontano. Una casa più grande in un contesto più verde era sembrata una buona idea a tutti. Anche Sara sembrava contenta o forse l’entusiasmo che dimostrava era dettato solo dalla promessa di un cucciolo tutto suo e dalle tante novità.
Avevano traslocato alla fine di giugno, durante l'estate le sue emiche, libere dall’impegno della scuola, venivano a trovarla spesso. Alle volte si fermavano anche a dormire e la stanza di Sara si trasformava in un piccolo accampamento dal quale arrivavano bisbigli e risate sommesse fino a tarda notte, fino a quando il sonno le spegneva una ad una, come un soffio spegne le fiammelle delle candele.
Era stata, quella, un’estate bellissima, ma l’autunno era arrivato. Il sole, faticando a farsi strada tra le  nubi e la nebbia, aveva affidato alle foglie i suoi gialli e i suoi rossi cancellando il verde. Poi, però, le foglie erano cadute e il vento le aveva disperse disperdendo con esse i colori.
Un velo di nostalgia aveva avvolto il paesaggio e si era insinuato, come un tarlo nel cuore di Sara.

Nella nuova scuola Sara non conosceva nessuno, passava l’intervallo a osservare le compagne che, raccolte in piccoli gruppi, cicalavano complici tra loro. Il sentimento di smarrimento e tristezza si era presto trasformato in qualcosa di sconosciuto e subdolo.
Le osservava, le studiava e, a ognuna di loro, invidiava qualcosa.
Alla prima occasione si fece regalare, dalla nonna, delle scarpe rosse identiche a quelle di Ornella: la sua compagna di banco.
Mamma… si è rotto lo zaino, ne dobbiamo comprare un altro. 
Ma è nuovo, come ha fatto a rompersi dopo solo un mese che vai a scuola?” 
Non lo so, ma ne ho già visto uno che mi piace.” Disse Sara, nascondendo il sorriso furbo e pensando allo zaino nero e argento uguale a quello di Giulia.
Il cucciolo che, come promesso, era arrivato a Natale era un bellissimo barboncino albicocca, l’aveva chiamato Sky ed era una copia precisa del cane di Claudia.
Ornella, Giulia, Claudia e poi Silvia, Anna, Veronica… aveva qualcosa di tutte loro.

Un giorno era rientrata a casa e aveva trovato tutti già seduti a tavola, si erano girati contemporaneamente a guardarla e, prima di dire qualcosa, si erano guardati l’un l’altro con speranza. Increduli si auguravano che uno strano gioco di luci e ombre avesse distorto l’immagine di Sara, ma i lunghi capelli, che da anni le incorniciavano il viso erano spariti: al posto dei  morbidi ricci di un caldo castano dorato che le si sparpagliavano in disordine sulle spalle c’era adesso una capigliatura cortissima.
L’unica lunghezza concessa era quella del ciuffo biondo che le nascondeva gli occhi.
C’erano state domande, molta perplessità, ma nessuno aveva sospettato nulla.
Nessuno conosceva Ludovica, a dire il vero nemmeno Sara le aveva mai parlato, ma la vedeva spesso attraverso la vetrina del negozio in cui lavorava e le aveva invidiato subito quel taglio audace.            “ Perché no?” si era detta.
Una piccola sfera d’argento si incastonava ora nella piega sotto il suo labbro inferiore, alla base del collo,  stelle di diverse dimensioni salivano come bollicine di champagne. Il suo tatuaggio finiva dietro l’orecchio sinistro; quello di Sofia, invece, dietro quello destro.

Tempo dopo, sistemando la sua stanza, scivolò a terra una foto rimasta protetta tra le pagine di un vecchio diario. Impressionate sulla carta lucida c’era l’immagine di tre ragazzine sorridenti. Sara ricordava quel giorno, sapeva di essere una delle tre, ma stentò a riconoscersi.
Andò in bagno, accese la luce dello specchio e confrontò l’immagine riflessa con quella della foto.
Era passato qualche anno da allora, ma si rese conto, con orrore, che non era stato il tempo a trasformarla.    

Non  c’era stato un quando, non un dove e forse neppure un perché.
Non era accaduto in una sola volta, ma un po’ per giorno.
Qualcosa era stato perso in un posto e qualcosa in un altro, ma  poco a poco di Sara…
non era rimasto più nulla.

2 commenti:

  1. Mi piace lo sviluppo del tema. Credo acquisterebbe incisività se abbreviassi la parte introduttiva (il secondo paragrafo per intenderci) entrando subito nel vivo del processo di trasformazione. E darei più spazio alle emozioni che vive la protagonista e che la spingono al copyng.Ti è scappata una ripetizione nella frase "che le si sparpagliavano in disordine sulle (sue) spalle".

    RispondiElimina
  2. Mi è piaciuto il racconto di una "crescita sbagliata". Hai colto bene le difficoltà adolescenziali che in questo caso portano la protagonista su una china fatale. Complimenti.
    Piccolo errore di battitura dovuto alla fretta: negozio in (qui)cui lavorava.

    RispondiElimina

Il tuo commento è molto gradito per aiutarci a migliorare i nostri scritti