lunedì 25 febbraio 2013

Invidia

Invidiata, lo era molto. Che ci poteva fare? Un talento naturale con cui conquistava ogni platea. In pochi mesi era salita sui palchi dei più importanti teatri del mondo: dal Bolshoi all’Opera di Parigi, dalla Carnegie Hall alla Scala.

Fu proprio il fatto di tornare a Milano, città natale in cui aveva vissuto fino all’età di vent’anni, che la indusse a mettersi alla prova e a contattare Sofia per proporle un incontro. 
Si erano conosciute in tenera età e da allora erano state inseparabili ma, alla soglia dell’adolescenza, Margherita aveva cominciato a vivere all’ombra dell’amica che, una chioma di fiamme roventi e due smeraldi al posto degli occhi, faceva strage di cuori ovunque andasse. Oltretutto le toccava pure raccogliere tutte le confidenze dell’amica, i particolari riguardo alle ultime conquiste e gioie e dolori di ogni innamoramento.

Quanto l’aveva invidiata in quei primi anni di liceo!Anzi, a ben pensarci era stata proprio quell’invidia accecante a stimolarla a cercare un campo in cui eccellere e la musica le aveva offerto una grande opportunità di riscatto. Quando aveva capito di aver trovato la sua via, si era concentrata sul violino e dopo poco tempo non si erano più frequentate.
Poi, tutto era successo così in fretta, la borsa di studio in Ungheria, l’incontro con Dieter, suo mentore ormai da dieci anni, le audizioni di successo per i primi concerti e, come nel più meraviglioso dei sogni, la partitura più ambita da un violinista, il concerto in Re maggiore di Tchaikovsky! E l’inizio della tournée mondiale.
Tornare a Milano le aveva fatto un certo effetto, in pieno inverno, la lieve spolverata di neve la sera del debutto, la maestosità del teatro più famoso del mondo, il ricordo dei suoi primi passi come apprendista di violino proprio poco distante da quella piazza: chi l’avrebbe mai detto che un giorno la platea sarebbe stata tutta sua!
Margherita col tempo era cambiata molto nell’aspetto: esile e dal portamento elegante, uno stile raffinato e sobrio, i capelli tagliati cortissimi in una calda tonalità castagna; non portava più gli occhiali e il trucco leggero metteva in evidenza due grandi occhi scuri ed espressivi. Insomma, poteva vantare una presenza scenica di forte impatto.
Era pronta quindi ad affrontare il temuto confronto, a provare a se stessa che ogni traccia di invidia era svanita, avrebbe incontrato Sofia “alla pari”, bellissima una, quanto ricca di talento l’altra.
Chissà se Sofia faceva ancora girare la testa agli uomini?
L’appuntamento era in un caffè poco lontano dal sontuoso albergo del centro in cui alloggiava, Margherita si vestì nel suo stile un po’ eccentrico, scegliendo un abito vintage che la faceva sentire così speciale e si recò all’appuntamento.
Non riconobbe subito Sofia che, affondata in una carrozzina elettrica, si avvicinò al suo tavolo con un mesto sorriso e un’ombra malinconica negli occhi, un tempo così sfavillanti e magnetici e ora resi opachi dalla sofferenza.
Margherita sentì un brivido lungo la schiena e un groppo alla gola, all’improvviso la ricordò bambina, rivide come in un film i lunghi pomeriggi al parco a piroettare sul prato, a spingersi sempre più in alto sulle altalene, ad arrampicarsi di nascosto sugli alberi. Ora non ricordava niente dei travagli interiori che l’avevano tormentata negli anni seguenti, ma solo l’amicizia e la complicità di quando erano più piccole. Come aveva potuto far sì che l’invidia corrodesse a tal punto un legame così autentico fino ad arrivare a poter fare a meno di Sofia?
Aprì la bocca alla ricerca di qualche parola, ma non riuscì che a balbettare qualcosa di incomprensibile. Fu Sofia invece a venirle in aiuto con una battuta su come fossero cambiate e come i loro destini le avessero portate su strade lontane. Margherita si alzò e abbracciò forte l’amica di un tempo, timorosa di farle male, tanto era diventata fragile.
“Margherita, che bello rivederti!” esclamò sincera Sofia. Non ebbero bisogno di tante parole, entrambe provavano, immutato, l’affetto che le aveva legate da piccole.
Sofia aveva sempre seguito da lontano la carriera di Margherita. Quante volte avrebbe voluto chiamarla, ma non l’aveva mai fatto per non rattristarla con le sue vicende. Tuttavia, quando Margherita l’aveva cercata due settimane prima, aveva ceduto alla tentazione di incontrarla, ed ora eccole lì. Sofia era stata colpita da una malattia invalidante e progressiva, all’improvviso, cinque anni prima. Era stato difficile accettare la realtà ma, grazie a Dio, aveva vicino una famiglia unita che la sosteneva e l’aiutava ad andare avanti.
Parlarono a lungo, riuscirono anche a ridere ricordando qualche episodio dell’infanzia e Margherita non se la sentì di confessarle che l’aveva tanto invidiata e che ora era così pentita che quello stupido e iniquo sentimento avesse preso il sopravvento sulla loro amicizia.
Del resto, ne era certa, Sofia l’aveva già capito tanto tempo fa.
Si salutarono fuori dal caffè, Sofia si allontanò sulla sua carrozzina e Margherita camminò a passi lenti e pesanti verso l’albergo. Quella sera l’attendeva un volo per Londra, un altro appuntamento tanto atteso ed emozionante di quell’invidiabile periodo della sua vita; eppure, non riusciva a trarne gioia, il pensiero rivolto costantemente alla disgrazia che aveva colpito l’amica.
L’invidia aveva lasciato posto all’ammirazione per la grande forza che Sofia dimostrava nella sua difficile condizione e per il coraggio che aveva avuto di incontrarla.
Lei non ce l’avrebbe mai fatta.
febbraio 2013

2 commenti:

  1. Si, bella l' idea di partire da un sentimento negativo per costruire qualcosa di positivo. La sfortuna capitata all'amica invidiata sottolinea come, nella vita, tutto puó cambiare e sostuene il tema.
    Rivedrei il finale cercando di uscire un po' dal sentimentalismo e toglierei l'ultima riga.

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  2. Brava, hai dato una chance alle donne di poter superare un sentimento negativo cercando il talento che è in tutte noi anche se nascosto.

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