domenica 24 marzo 2013

Il Viaggio

Quanto tempo era passato? Da quando aveva smesso di dormire.
Riposava nel cuore della montagna, protetto dai suoni, disturbato solo dalle vibrazioni di un mondo sotterraneo. Il risveglio, causato da un rumore assordante e da una forza invisibile che lo spingeva violentemente da una parte e dall'altra, pareva essere la fine.
Fu invece, l'inizio di una lunghissima avventura.
Dopo essere rotolato a lungo sul fianco della montagna, era stato sorpreso da un abbraccio freddo e umido. Il fiume nel quale era caduto veniva nutrito dai ghiacciai, le sue acque erano gelide e di una limbidezza priva di colore. Il mondo senza luce e senza rumore non c'era più e scopriva, con una meraviglia che non l'avrebbe mai abbandonato, la luce del giorno con i suoi colori, un buio dalle luci nascoste e un silenzio ricco di suoni.
Viaggiava trasportato dalla corrente che per lunghi tratti era lenta e gentile, ma quando aumentava la sua corsa diventava violenta e il suo rumore diventava simile a un ruggito che sovrastava tutto tranne gli strilli acuti delle aquile. Vedeva i grandi uccelli lanciarsi dalle cime più alte, sfruttando la forza del vento, volteggiavano seguendo percorsi circolari, poi, all'improvviso, l'angolazione del loro volo cambiava e scendevano veloci in picchiata. Non era, però, mai riuscito a vedere che cosa sarebbe successo poi. 
Non sapeva che, solo a pochi metri dal suolo, avrebbero proteso gli artigli e spalancato le ali per rallentare, non immaginava l'ombra gigantesca e improvvisa che avrebbero visto le loro prede oscurare il cielo e che sarebbe stata il loro ultimo ricordo.
Trovava divertente guardare i pesci nuotare nel fiume. Le trote si spostavano lente e sinuose tra le alghe, ma spesso e senza preavviso, con un rapido colpo di coda, scattavano veloci verso un possibile boccone che, a volte, sputavano subito dopo accorgendosi di essersi sbagliate. Le loro squame sembravano piccoli specchi cangianti nei quali era impossibile specchiarsi.
Gli era capitato di sostare in anse dalle acque ferme e stagnanti che, costrette all'immobilità, esprimevano la loro rabbia trattenendo la morte, così da trasformare il profumo della natura in puzza. Lì aspettava impaziente la forza della prossima piena per riprendere il viaggio.
Le cose erano diverse quando veniva spinto sulla sponda, si asciugava e si scaldava sotto i raggi del sole, poteva vedere le nuvole bianche spostarsi nel cielo azzurro e le stelle brillare nitide nella notte. Captava i suoni più lievi come quello del fruscio del vento tra le foglie delicato come carezze e del movimento dell'acqua selle sponde così simile a un respiro.
Ma arrivava sempre il momento di ripartire e lui si abbandonava sereno al suo destino senza chiedersi mai che cosa sarebbe successo. Poteva stare fermo per ore, per giorni, anche per mesi nello stesso posto, senza che avvenissero cambiamenti, ma il tempo per lui non era importante.
Quando era arrivato al mare si era sentito smarrito e parte di qualcosa di troppo immenso per lui, ma gli era bastato scoprire la musica della risata di un bambino che giocando lo raccoglieva fra le sue mani per sentirsi grande e parte di quella grandezza anche se era solo...

un piccolo granello di sabbia. 

2 commenti:

  1. Le descrizione della natura sono puntuali senza essere banali. Il finale spiazzante,mi ha sorpreso, nello stesso tempo il racconto è riuscito a portarmi alla conclusione con l'aspettativa di una sorpresa che poi si è verificata. Brava!

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  2. Avvincente il tuo racconto! I dati sensoriali che molto sapientemente hai usato, mi riportano all'equilibrio della natura e al destino di ogni cosa, ma soprattutto di ogni persona (" per sentirsi grande e parte di quella grandezza...")

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