venerdì 17 maggio 2013

SVANHILD

Leif Andersen era famoso tra i giovani di Leka per due motivi: era il miglior scalatore dell’arcipelago di Vikna ed era anche il più testardo e ostinato nel difendere le sue opinioni.
Quando si metteva in testa qualcosa, doveva raggiungere il suo scopo a tutti i costi, anche se per farlo, se la ritrovava ammaccata. 
Lui credeva alla vecchia Ingrid. Era scorbutica, ma se ci sapevi fare, si scioglieva e ti raccontava gli episodi bizzarri della sua gioventù, delle sue pesche eccezionali, delle sue nuotate da un’isola all’altra e soprattutto i racconti dei suoi nonni sulle antiche leggende del posto e se diceva che l’aquila aveva preso Svanhild, l’aquila aveva preso sicuramente Svanhild. 
A Leif non interessavano i pareri degli esperti sul peso che un’aquila può sopportare, sull’apertura alare, sui tempi di volo, e tutte le altre informazioni tecniche specifiche; lui le aquile le conosceva, le rispettava, le ammirava anche, ma continuavano a incutergli una sensazione d’inquietudine e di allarme. 
Ne aveva vista una afferrare, con una facilità estrema, scendendo in picchiata, un agnellino piccolissimo; e quell’aquila era ancora nei paraggi.
Guardando un documentario girato da un naturalista famoso, aveva osservato da vicino il profilo grifagno della testa con il becco adunco, l’occhio giallo vigile, attento, e la pupilla nerissima, dove ci si poteva perdere… Cosa, questa, che l’aveva profondamente impressionato. Era come se l’occhio fissasse il suo viso e lo provocasse: ”Attento, non sfidarmi!”.
Chiamò Karl e Jentoft. “Dobbiamo cercare prima nei dintorni di Roevik e poi facciamo dei cerchi sempre più larghi, proprio come fossimo aquile anche noi!”.
Iniziarono le ricerche: furono distribuite le foto di Svanhild, anche se la conoscevano tutti, e furono descritti gli abiti bianchi con un soprabito a quadri che indossava prima della sparizione. I volontari si presentarono a decine e fra questi i tre amici.
Nella notte bianca di giugno trovarono una scarpa della bambina vicino alla montagna di Leka a diversi chilometri da dove era stata vista l’ultima volta. Gli altri pensarono a un maniaco o a una caduta in mare dopo aver battuto la testa tra i ghiaioni e le rocce rossastre. Leif invece spronava gli amici a scalare la montagna di Leka, dove sapeva esserci il nido dell’aquila. 
Dovevano fare in fretta perché l’aquila attacca subito gli occhi e quindi la bambina era in estremo pericolo. Quasi alla sommità trovarono una sporgenza della roccia a una certa distanza al di sotto del nido e videro qualcosa biancheggiare. Era Svanhild con i vestiti strappati, era di spalle, Leif la voltò lentamente e la scoprì addormentata e illesa. Lei urlò quando, al risveglio, vide un viso sconosciuto, ma Leif la confortò con la sua voce profonda e i suoi modi rassicuranti e protettivi e la riportò tra le rocce sul mare.
Leif era rimasto tranquillo perché era a conoscenza del fatto che Svanhild era abituata a prendere a sassate i gabbiani per impedire loro di assalire i piccoli edredoni e, a tre anni, l’aquila sembra un gabbiano più grande, quindi si tirano i sassi. Svanhild confermò in seguito che aveva lanciato sassi e sassolini raccolti sulla sporgenza al grosso gabbiano per proteggere le sue anatrelle marine.
Le loro isole erano vicine e si sono incontrati più volte nel tempo. A Leif piaceva quella ragazza dagli occhi azzurri, sorridente e minuta. Ogni volta si guardavano, si abbracciavano senza bisogno di parlare e si salutavano.
Leif non ha più visto l’aquila, ma l’ha sognata spesso, mentre vola con la sua coda bianca e le ali spalancate, oppure ferma sul monte Leka, di profilo con le ali chiuse e l’occhio che sembra lo sorvegli ancora.

2 commenti:

  1. Non conosco il fatto ma ho trovato molto gradevole e scorrevole il racconto.
    Ho sempre saputo che i rapaci si alzano in volo e fanno cadere la loro preda dall'alto per ucciderla prima di cibarsene quindi mi incuriosisce sapere se il racconto sia fedele alla realtà. Approfondiremo lunedì.

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  2. Nemmeno io ho mai sentito questa storia, ma mi piace. Sarebbe stato bello che ti soffermassi un po' di piu sul ritrovamento della bambina, mi é sembrato un passaggio frettoloso. Peccato che l'aquila non sia mai entrata in scena. Ciao!!!

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