Ho combattuto con tutte le mie forze per difenderti, ma non sono stata abbastanza forte, neanche stavolta, per riuscire a tenerti con me.
La tua mamma non ce l’ha fatta a farti nascere.
I tuoi nonni non volevano, tuo padre non voleva, e da sola non ho potuto nulla.
Mi
hanno portato in tribunale, il giudice ha detto che dovevo essere io a
decidere, ma cosa potevo fare, sola contro tutti?
Come
l’anno scorso, ci avevamo già provato, eri già stato dentro di me, allora non
era successo tutto questo casino, papà mi aveva portato da quel medico suo
amico e avevano risolto subito, ed anch’io mi ero sentita sollevata, anche se
poi ero stata così male; quest’anno, invece, ti volevo, mi sentivo pronta e non
ti volevo rifiutare ancora, mi sembrava di avere un’altra occasione, e tu
saresti stato il mio bambino, e con te sarei diventata grande subito, e ti
avrei cullato ed allattato, e tutte le cose che fanno le mamme, le avrei
imparate.Invece ho parlato tanto con mamma, ho pianto, urlato, poi non ci siamo più parlate, mi hanno chiuso in camera, non mi facevano parlare con tuo padre, e anch’io non avevo molto da dirgli. Un giorno sembrava che potessimo farcela, noi tre, poi mi diceva che lui voleva divertirsi e io l’avevo incastrato.
Non so nemmeno se saresti stato maschio o femmina, io ti avrei voluto maschio, così non avresti mai passato quello che è toccato a me, e saresti stato forte e nessuno ti avrebbe costretto a fare niente.
Continuo a passarmi la mano sulla pancia, lo so che non ci sei più, ma continuo a parlarti.
Mi è piaciuto il modo in cui hai attirato l'attenzione su questo tema così delicato. Hai descritto, con garbo, la struggente situazione di chiusura che un'adolescente si ritrova ad affrontare laddove, invece, avrebbe dovuto trovare il primo aiuto.
RispondiEliminaL'ultima frase apre, comunque, uno spiraglio di speranza, forse di certezza.