venerdì 29 novembre 2013

Mercatini di Natale?

“Ciao, mi hai cercato?”
“Sì, volevo sapere se ci hai pensato, riesci a liberarti? Si tratta solo di due giorni. No, non dire come il solito: è una levataccia, troppe ore di pullman! E poi: visto uno, visti tutti.
Me l’hai già ripetuto troppe volte. Pensa invece che staremo insieme, ce la racconteremo e ci divertiremo.”.
Dopo qualche secondo di silenzio, presa per sfinimento, concedo:
“Va bene, ci vengo. Vai a prenotare.”.
Detto, fatto! Dopo un’ora me la trovo davanti con i voucher e un sorriso che le arriva alle orecchie.
È riuscita a trascinarmi, per due giorni, ai mercatini di Natale! Penso però che siano sempre meglio dei corsi di sopravvivenza che propone due volte l’anno.
Quel sabato, nonostante la levataccia, il viaggio è iniziato bene. Abbiamo solo sonnecchiato perché gli altri viaggiatori erano di quelli che si conoscono tutti fra loro, tutti gli anni fanno quel viaggio e tutti rumorosi senza sosta.
Solite battute a voce alta che capivano solo loro, qualche doppio senso neanche troppo velato, ma, fortunatamente, non hanno nemmeno fatto un tentativo di attaccar bottone.
Poi, li abbiamo cancellati e abbiamo continuato tutto il tempo a spettegolare sulla Claudia e la Luisa, per finire a raccontarci l’ultimo film visto e così il tempo è volato.
Dopo una breve sosta in Svizzera per il caffè e il bagno, siamo arrivate finalmente a Innsbruck e lì abbiamo avuto tutto il pomeriggio libero.
Abbiamo camminato nella neve sciolta e paciugosa, pranzato con speck e patate unte, bevuto birra per cancellare l’unto, fatto acquisti e “ci siamo lustrate” gli occhi da Swarovski.
Ripreso verso sera il pullman, dirette verso l’hotel, quaranta chilometri da Salisburgo, ci accorgiamo che sembra di essere ai limiti della steppa siberiana e scopriamo che l’autista ha sbagliato strada e si è incartato a un bivio, dove non riesce a girare per tornare sulla strada giusta.
Scendiamo tutti e ci vorrebbe una videocamera a infrarossi per riprendere le nostre ombre in fila che, nella neve fino al ginocchio, si allontanano sui terrapieni, ai lati del pendio, come le comparse di un film di guerra, costrette a lasciare il treno dai bombardamenti.
Quel maledetto pullman riesce a fare inversione finalmente, così risaliamo fradice e infreddolite e verso le dieci arriviamo all’hotel; ci vuole mezzora per avere la chiave della camera, ma infine ci siamo: doccia veloce e rincuorante e discesa agli inf… alla sala ristorante.
C’è rimasto poco o niente…, sono le undici: sul tavolo due enormi boccali di birra, pure tiepida (!), ma almeno ci riscalda e mangiamo quantità industriali di pane nero.
Il giorno seguente, apprezziamo ancora di più Salisburgo e oltre a girare per il mercatino andiamo a visitare le bellezze austere della città.
Si riparte nel pomeriggio con una sosta a Rattenberg, la città del vetro, per gli acquisti del caso. Nevica, a larghe falde come da copione, e per un momento, pensiamo di essere Lara, ci manca solo la slitta e Yuri, un bell’Omar Sharif d’annata.
Dopo gli acquisti, adocchiamo un bar in cui, da fuori, si sente cantare con una bella musichetta tipica o per lo meno, noi pensiamo sia tipica austriaca.
Lidia propone di prenderci qualcosa di caldo.
Entriamo e appena richiudiamo la porta, la musica cessa, il coro pure e tutti gli sguardi si posano su di noi.
I presenti sono tutti del posto: le donne rubizze, dotate di gonnone e scialli, gli uomini con calzoni sorretti da bretelle su camicie a quadri e tutti portano degli zoccoli tipo “Pattini d’argento” con calzerotti di lana grossa.
Ci dirigiamo verso il bancone di legno scuro del bar e, nel silenzio generale, si sente solo il rumore dei tacchi dei nostri stivali inzuppati che lasciano pozze sul parquet.
Notiamo che gli autoctoni hanno grandi boccali di birra davanti, molti dei quali, sono vuoti.
Lidia mi guarda con fare interrogativo. Penso che non sia il caso di chiedere un caffè e, allora sfodero, con una bella voce squillante un: “zwei bier, bitte”.
Tutti sorridono e riprendono a cantare.
Dopo, sul pullman, al caldo e rinfrancate, ridiamo.
“Lidia, ricordati di cancellare dall’elenco dei nostri prossimi viaggi i mercatini di Natale, l’Oktoberfest e i tuoi corsi Wild Survival, quelli della scuola di sopravvivenza!“


4 commenti:

  1. per me ci sono alcune parole ripetute vicine. per il resto va ben!
    sarà una mia particolarità ma i nomi con l'articolo davanti proprio non mi piacciono!!!!!

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    1. Se ti riferisci a tutti ...tutti... tutti... era voluto, per la regola del tre e della ripetizione asserita. L'articolo davanti ai nomi propri è un errore da penna blu nei temi di italiano, è vero. Però anche qui era inserito per rafforzare il discorso colloquiale fra amiche

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  2. La fine, secondo me l'hai un po' trascinata.
    "Tutti sorridono e riprendono a cantare" era una bella chiusura.

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  3. "tutti rumorosi senza sosta" lo metterei dopo "si conoscono tutti fra loro".
    sei sicura dei tempi verbali in questa frase? "Solite battute a voce alta che capivano solo loro, qualche doppio senso neanche troppo velato, ma, fortunatamente, non hanno nemmeno fatto un tentativo di attaccar bottone" tutto il resto è al presente.
    "o per lo meno, noi pensiamo sia tipica austriaca." mi sembra inutile.
    concordo con Anna sulla chiusura.

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