Quel 25 dicembre tutti erano felici, tranne Giulia.
Osservava, da dietro le tende di casa, le luci dell’abete
piantato nel bel mezzo della piazza: le parevano irreali, fuori luogo, assurde,
così com’era assurda quell’usanza di travestire l’albero di fili d’argento e
tutto il resto, giacché che solo dopo qualche settimana tutto sarebbe tornato
come prima.
Che senso aveva? E brontolava ad alta voce pensando a quanto
tempo e denaro si sarebbe potuto risparmiare anche dei suoi soldi, perché anche
lei le pagava le tasse, eccome!
- E poi, ogni Natale si esagerava sempre più: l’anno
precedente con gli addobbi floreali, quest’anno con le palline colorate che si
accendono a intermittenza e mi mettono addosso un’agitazione continua, l’anno
prossimo… non so nemmeno se ci sarò!”
Ogni tanto, si rivolgeva al suo gatto soriano, unico rimasto a
farle compagnia. Lui la guardava attentamente mentre lei parlava, rizzava gli
orecchi e li faceva roteare come un radar, quasi per captare meglio i suoni di
cui erano composte le parole che gli venivano rivolte.
Del resto, ormai era considerato un familiare a carico a tutti
gli effetti ed era in grado, a suo parere, di condividere tutta la sua vita,
nella gioia e nel dolore.
Ore 11: il ricordo vola a cinque anni fa.
Gli ultimi preparativi per il pranzo di Natale, l’attesa, il
lieve ritardo di Marco che diventa sempre più insopportabile, i primi
preoccupanti interrogativi, l’angoscia che non le dà tregua, si dispera,
intuisce qualcosa di brutto…
Sono le 12,15 di quel giorno quando il maresciallo dei
carabinieri suona alla porta di casa.
Le parla di fondo ghiacciato sul cavalcavia, di testacoda,
della perdita di controllo del mezzo, di ribaltamento dell’auto, degli inutili
soccorsi e della corsa all’ospedale.
Tutto finisce lì per Giulia, non ha nemmeno l’intenzione di
ascoltare altro, vuole rimanere da sola, in silenzio, a riflettere, a pensare,
a ricordare…
Ore 12,15: suonano alla porta di casa. Sussulta e pensa: ” No,
non può essere ancora il maresciallo, non è quel Natale”. Intanto va allo
spioncino della porta e chiede cautamente: ” Chi è?”
- Sono Margherita, signora Giulia, un’amica di Marco, mi
riconosce? Passavo da queste parti e ho pensato di farle visita.
- Sicuro che la riconosco, entri!
Appena apre, si trova la ragazza con altri sei bambini,
vestiti con una camicia azzurra e un fazzolettone verde al collo, perciò
chiede: ”E questi chi sono e che ci fanno qui?”
Margherita, con calma, le spiega che sono scout, che hanno
deciso di condividere il Natale con qualcuno che è solo e che ognuno di loro,
in collaborazione con i genitori, ha preparato qualcosa di buono per far sì che
si festeggi il Natale.
Giulia rimane interdetta, non sa che fare, è confusa,
combattuta tra la voglia di rimanere con i propri ricordi e il desiderio di
accogliere l’amica di suo figlio.
Un bambino le tira la gonna e le dice: - Signora, ma tu non hai
fame? Io sì, anche perché, con la mia mamma ho preparato qualcosa di buono che
devi assaggiare con noi.
Sicuro che ho fame – risponde-, però prima dovete aiutarmi a
preparare la tavola e…
La sua capacità d’accoglienza aveva vinto sui suoi ricordi
dolorosi.
In quella casa si tornava a
festeggiare Natale.
belloooooooo
RispondiEliminaun unica frase mi lascia un po interdetta.... non so nemmeno se ci sarò è in prima persona???
Ho rimediato anteponendo una lineetta all'inizio del discorso, per cui ora penso si capisca che a parlare è la protagonista.
RispondiEliminaDavvero uno sviluppo scorrevole che invita alla lettura fino in fondo. Mi piacciono i paragrafi brevi e le parole scelte con cura. Affinerei il finale perchè sembra un po' ... precipitoso.
RispondiEliminaIn effetti il finale è affrettato: sono caduta nella trappola del tempo. Il racconto l'avevo iniziato solamente la sera precedente della scadenza fissata di comune accordo, e l'avevo terminato poco prima dell'incontro stabilito per leggere i nostri testi.
RispondiEliminaSono d'accordo sul finale e capisco la trappola del tempo, se lo sistemi cambia qualcosa nel linguaggio del bambino.
RispondiEliminaIl racconto però è molto coinvolgente e fa riflettere sulla festa dalla parte di chi non ha niente da festeggiare. Brava!
Bello, ma anch'io adeguerei il linguaggio del bambino e mi sembra più realistico se Giulia si rivolgesse all'amica del figlio dandole del Tu.
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