lunedì 2 dicembre 2013

Il Natale di Viola

Plic. Plic. Plic. Il vento ululante corre tra le piccole abitazioni di Cergolo. Le fragili casette bianche e grigie con le persiane verde stinto e i tetti color seppia gemono sotto il turbinio impetuoso della Bora che, come un serpente si muove agile fra le fessure dei muri. Quando il vento si acquieta – pantera immobile pronta a balzare sulla preda – si sente il gocciolio ritmico delle ultime tracce lasciate dal temporale.
E’ un Natale caldo con tanta pioggia e poca neve che si scioglie subito al sole flebile di mezzogiorno. Cartacce polverose creano piccoli vortici simili alla sabbia che si solleva dal terreno. Delle risate in lontananza, alcuni amici tornano a casa dopo il divertimento. Sono le tre di notte. Plic. Plic. Plic. Viola corre veloce nel nero rischiarato dai pochi lampioni, cercando sotto le tettoie scure riparo dalle gocce che cadono dai sempreverdi . I pini svettano sopra i tetti delle case, decorati con luci e colori e, in cima al più alto, una grande stella sfolgorante. Le luci accese nelle abitazioni illumina il percorso di Viola che si affretta verso casa per festeggiare il Natale con mamma, papà e Bianca. Svolta a destra in via Cappella di San Pietro e scende lentamente gli scalini ghiacciati attenta a non scivolare. Appoggia il guanto alla parete fredda del vicolo e ascolta la canzoncina natalizia della casa sopra l’arcata, ritmata  dal costante cadere della pioggia. Plic. Plic. Plic. Viola si affaccia su Via XX Settembre, la strada principale di Cergolo, cammina rasente i muri della via per qualche metro nel silenzio più completo. D’un tratto una Fiat Panda rosso carminio la supera e rallenta poco più avanti. La testa di Charlotte spunta dal finestrino: “Ehi Vivia! Vuoi un passaggio?” “No grazie Charlie, sono quasi arrivata” risponde Viola con un sorriso dipinto sul viso alla vista della sua amica. Una folata di vento ruba la replica di Charlotte che scompare dietro la curva. I capelli corti e neri, risaltati dalle punte blu, si scompigliano; Viola sfila il cappello di tasca e svolta in una viuzza tirando su il bavero. Cammina per la discesa ripida, che la porta direttamente a casa. Dalle pareti della stradina pendono festoni oro e argento. Si sente un gocciolio costante, acqua che cade dai festoni sbattuti dal vento. Plic. Plic. Plic. Un rumore di passi improvvisi le gira la testa, Viola vede una figura nera con due occhi azzurro ghiaccio che si avvicina lentamente. Arretra impaurita. C’è un brillio d’argento fra le pieghe del lungo mantello e, a quella vista, Viola fugge terrorizzata dal buio che la avviluppa. Viola scivola, si sbraccia per recuperare l’equilibrio ma poi sbatte la nuca contro la strada ghiacciata, luccicante, riflesso del cielo. Entra, con un tonfo, nel mondo misterioso di Morfeo.

2 commenti:

  1. Il racconto è molto suggestivo e ha un buon ritmo con un finale aperto che mi è proprio piaciuto. Adesso i richiami che sono solo tecnici: bora, sabbia, mare e non montagna, se ha piovuto le cartacce non sono polverose e ultima cosa: dappertutto si dice che ha smesso di piovere e le gocce cadono dalle foglie o dai festoni, in un punto però dici che piove.
    Solo per il mio gusto personale, avrei tolto i nomi a vie e piazze.

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  2. Bello Ariel, stai solo attenta agli eventi climatici perchè se il lettore si accorge di qualche incongruenza (e ne se anncorge) tutto perde di credibilità.
    Ho un dubbio sul finale perchè Morfeo è sinonimo di sonno mentre lei sviene :-)

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