lunedì 13 gennaio 2014

Il silenzio

Dovevo trovarlo!
Prima dell'alba ero partita, sicura, che, prima o poi, qua o là, l'avrei trovato.
Borraccia, binocolo, cerotti, coltellino svizzero, barretta di cioccolato, fazzoletti di carta e cellulare: lo zaino era pronto così mi ero infilata le scarpe da trekking ed ero uscita lasciandomi alle spalle una porta chiusa e Luigi profondamente addormentato.
Nel biglietto, che gli avevo lasciato sul comodino, c'era scritta la mia destinazione e l'ora approssimativa in cui contavo di tornare. Il post scriptum era chiaro: Non chiamarmi, appena posso, lo faccio io.
Nel caso non mi avesse dato retta, avevo impostato in silenzioso la suoneria togliendo, per sicurezza, anche la vibrazione.
Il buio non era troppo buio, ma dominava ancora, restio a lasciare il posto a un nuovo giorno e il faretto da speleologo, comprato, senza motivo, anni prima e quasi dimenticato nel cassetto, accorciava e allungava il suo fascio luminoso proprio lì: dove volevano guardare i miei occhi.
Nel primo tratto della mia camminata, sul sentiero che dal palazzo comunale arrivava ai pascoli più bassi della vallata di Barmasc, il rumore dei miei passi si mescolava agli scricchiolii del sotto bosco, ma, anche tra i rami delle conifere, era tutto un brusio.
Mi fu subito chiaro che non l'avrei trovato in quel posto, ma ero appena all'inizio del mio cammino e mi dovevo concentrare sulla salita che, in quel tratto, era ripida e ancora scivolosa per l'umidità della notte.
Ero arrivata in fretta ai primi pascoli e mi ero fermata, come d'abitudine, a prendere fiato e ammirare il panorama alla mia destra, ma, a quell'ora, c'era solo un grande lago nero. Solo le cime delle montagne di fronte, alcune ancora bianche di neve, erano visibili, il resto, era come un quadro che ricordavo a memoria e che potevo, chiudendo gli occhi, ridisegnare nella mia mente. C'erano curve verdi, morbide e un sottile serpente d'asfalto che le attraversava e scendeva fino al piccolo specchio d'acqua del laghetto di Brusson.
Mentre giocavo con la memoria, il mio cuore aveva ripreso il suo ritmo regolare, smettendo anche di rimbombarmi nelle orecchie e, per un attimo, mi ero illusa:
«Eccolo!» mi ero detta «É qua!» Ma un muggito sommesso seguito da uno scampanio e poi da un altro e un altro ancora, l'avevano fatto nuovamente scappare.
Ero ripartita, un po' seccata e il mio terzo occhio luminoso si era fissato sui miei piedi che, passo dopo passo, mi avevano portato fino al Pian delle Signore dove, l'acqua del torrente che lo attraversava calmo, mormorava la stessa filastrocca di sempre e lo scalpitio di zoccoli in fuga mi aveva spaventata.
E intanto le stelle sbiadivano nel cielo.
La strada diventava, adesso, una scia bianca di ghiaia che saliva curvando un po' destra e un po' a sinistra e di tutti i sassolini smossi, al mio passaggio, qualcuno decideva sempre di rotolare in basso facendomi venire voglia di seguirne il lamento per vedere dove si fermava.
Dopo due ore di cammino ero arrivata in cima allo Zerbion accompagnata, da quando era sorto il sole, dal frinire delle cavallette. Dovevano essercene a centinaia nascoste fra l'erba.
Il panorama era bellissimo: potevo vedere tutta la Val d'Ayas da un lato e la Val Tournenche dall'altro ma, non avevo ancora trovato quello che cercavo.
Frugando nello zaino alla ricerca del binocolo, le mie mani avevano afferrato il telefonino e non ero riuscita ad evitare di dare un’occhiata allo schermo. Nessuna chiamata.
A questo punto potevo solo tornare sui miei passi affrontando la lunga discesa.

Una volta arrivata mi ero subito tolta le scarpe, mi ero seduta sul divano e avevo sentito le mie labbra piegarsi in una smorfia amara: avevo camminato per sei ore cercandolo, mi ero quasi convinta che non esistesse e invece lui era qui, a casa ed era solo.

3 commenti:

  1. Molto particolare questa tua ricerca del silenzio e un po' curiosa. Inutile dire che mi è piaciuta molto, perché con questo pretesto mi hai "accompagnato" nella tua escursione e mi hai fatto scoprire le bellezze e i suoni naturali di quella zona montana che tu conosci bene. Soprattutto l'hai fatto sottovoce, senza troppo rumore, appunto...

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  2. Anche tu, come Lucia mi hai fatto riflettere sulle cose che abbiamo a portata di mano e non vediamo, cercando, cercando... Le descrizioni dei luoghi sono veramente "fotografiche" senza essere pedanti e il "lamento dei sassolini" mi ha colpito. Brava.

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  3. Anche a me piace la tua capacità descrittiva. Ho solo dovuto rileggere un paio di volte il finale per capire il senso della ricerca ma forse è colpa di una lettura frettolosa.

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