Nella grande e antica casa dove vivevo da ragazza era facile
trovare il silenzio. Non c’era la televisione e le radio erano poche. Bastava
trovare una stanza remota per non avvertire più alcun rumore dall'esterno.
Le
spesse mura riuscivano a fornire uno spessore ovattato dove potersi rintanare e
leggere in pace.
Nella stagione mite preferivo, pero’, la soffitta , tra il
profumo delle mele messe a maturare su un’asse di legno e le vecchie cose dimenticate. In quelle ore di silenzio
potevo recarmi con la fantasia nei luoghi descritti sui libri che leggevo e visitare paesi che non avevo
mai visto. Erano i miei viaggi senza confini.
In inverno le ore migliori per avere il silenzio era la
sera, al caldo, sotto le coperte con una piccola lampada attaccata al libro.
L’unico rumore che avvertivo era, a volte, il sibilo del vento che passava
attraverso le finestre rotte del fatiscente palazzo dirimpetto alla mia stanza,
le cui finestre erano separate solo da uno stretto vicolo.
Molti in paese credevano che questo palazzo fosse infestato
da fantasmi perché anticamente era stato il palazzo di giustizia, nel quale,
si diceva che fossero stati uccisi i condannati.
Io pero’ non credevo ai fantasmi e sapevo che quei rumori
erano dovuti solamente al vento che entrava liberamente attraverso i vetri rotti delle finestre.
Una sera d’inverno ero rimasta alzata,insieme a mia sorella,
per terminare un lavoro di cucito. Tutti dormivano, la casa era immersa nel buio.Il
silenzio piu’ totale era rotto solo dal crepitare delle fiamme nel focolare e l’unica
luce proveniente da una piccola lampada sulla mensola del camino illuminava il nostro lavoro.
Cucivamo in silenzio, assorte nei nostri pensieri. Io andavo
con la mente all'estate passata e alle passeggiate in montagna ; al silenzio e
al senso di pace sotto l’ombra screziata
degli alberi d’alto fusto,
quando potevi udire il ronzio degli insetti, lo stormire delle foglie, il canto
degli uccellini sui rami e talvolta il
campanaccio di qualche mucca in lontananza.
D’improvviso un rumore proveniente dal basso ruppe
il silenzio e il corso dei miei pensieri. Era il cigolio di una porta che si
apriva piano piano. Spaventate, mia sorella ed io ci guardammo in silenzio:”
chi poteva essersi introdotto nella cantina sotto la casa e venire fuori a
quest’ora?”
Dopo il primo momento di smarrimento presi coraggio, Mi
alzai , presi il mattarello della pasta e con cautela andai ad accendere la
luce delle scale e, mentre mi accingevo a scendere per andare alla porta della
cantina, il musetto della mia gatta spunto’ da dietro il muro.
Era questo il ladro che si era introdotto in casa rompendo
il silenzio e spaventandoci a morte.
Dopo una risata liberatoria riprendemmo il
nostro lavoro rasserenate.
Mi è piaciuto l'evocazione e la descrizione della grande e vecchia casa abitata da bambina e tutta la prima parte. La seconda è meno inusuale. Ci sono alcuni piccoli refusi, penso dovuti alla fretta. Nel complesso molto piacevole.
RispondiEliminaUna delle cose belle della scrittura è che ti fa frugare tra i ricordi :-)
RispondiEliminaE questo é un bel ricordo.
C'è qualche ripetizione che rallenta un po' la lettura, ma il racconto mi piace.
Ottima la tua capacità di descrivere nei dettagli ma, al fine dell'efficacia del racconto, forse il tutto è un po' lungo rispetto all'unico "evento" del gattino-ladro-fantasma.
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