giovedì 27 febbraio 2014

Il Nostos


Io non ci volevo andare. Tutto quel sangue che mi annebbiava la vista, i morti che danzavano tristi nei miei sogni... Tutto inutile. Un gioco del destino, per il divertimento degli dei. Per fortuna la saggia Atena vegliava su di me, mi proteggeva, entrava con me in battaglia. Non so come avrei fatto senza il suo divino aiuto, a rimanere vivo per dieci faticosi anni sotto le inespugnabili mura di Troia.

Troia, la roccaforte di Priamo, il saggio Priamo, ucciso crudelmente  da Pirro Neottolemo, figlio di Achille; sangue saggio, di un uomo forte e coraggioso che per molti anni aveva regnato giusto e fermo sulla città. Uno spreco.
Troia, le cui alte mura per dieci interminabili anni hanno assistito alle inutili battaglie, alle stragi, ai massacri compiuti da Ettore, Enea, Aiace, Aiace, Achille, Diomede eroi dei due schieramenti.

Troia, patria di molti eroi ormai nell'Ade, a lamentarsi incessantemente, costretti a vagare per sempre nel buio, soli, ricordando la vita, la giovnezza, strappata con forza da quella lunga e inspiegabile guerra.

Troia, protetta dalla sua Fortuna, quella maledetta statua che per dieci anni vegliò su essa, separandomi da Penelope, dal piccolo Telemaco, da mio padre Laerte, da Itaca. Della mia piccola isola solo il ricordo, ormai vago, ma ugualmente conficcato nel petto, delle rocciose spiagge, dei campi di viti e ulivi. Ricordo con piacere le passeggiate con Penelope dalle chiome della notte, mano nella mano, quando ero ancora giovane, con sogni, speranze, non ancora distrutte da dieci anni di combattimenti.

Itaca, la mia terra natia, la piccola, rocciosa Itaca, protetta da mari e scogli. Itaca, sulla quale avevo passato la mia giovinezza, felice, spensierato, allenato da Mentore per diventare un giorno re. Se solo non fossi stato io il re, se solo fossi stato un nobile come gli altri, forse non avrei dovuto lasciare tutto, tutto ciò che amavo per Helena dagli occhi di  perla e la sua folle decisione: simile a una dea, sarà per sempre ricordata per ciò che ha causato e per aver fatto soffrire tutti i piu grandi guerrieri di quel tempo, me compreso.

Ricordo perfettamente il giorno in cui giunse la notiza sulla mia piccola isola - il messo trafelato, stanco dal lungo viaggio, mi guarda attentamente negli occhi e mi sussurra in un orecchio: “ Hanno rapito la regina di Sparta, i Troiani l'hanno portata via, Menelao è furioso, Agamennone ha proclamato guerra!!”
Agamennone, il re dei re, governatore di Micene, per lui probabilmente Helena era solo una scusa, una scusa per conquistare il territorio di Priamo, chiave della rotta commerciale.

Ricordo che sono partito per Sparta, volevo convincere Menelao a fare un'ambasciata  a Troia per reclamare la sua sposa. Rammento perfettamente le mie emozioni quando Priamo, sventura su di lui, rispose di no.

“No”, un'unica sillaba che suggellò l'inizio della guerra.
“No”, due lettere che fecero di noi Achei eroi cantati dalle generazioni future ma a cui era stato rubato il presente.
“No”, una sola parola, inizio della fine.

Mi chiedo spesso se la decisione di Priamo fu influenzata dai celesti, per rompere il tranquillo scorrere dei fatti.
Li ho visti spesso in quei faticosi anni, Apollo, Era, Afrodite, Atena, Ares, Zeus, Poseidone; entravano in battaglia e uccidevano; il loro livello di combattimento troppo superiore al nostro, ghigni orribili sul volto, espressioni di gioia nel movimentare le azioni militari.
Apollo, l'arciere splendente, che causò fra le nostre truppe un'epidemia, per vendicarsi del rapimento di Criseide bella guancia, figlia del suo sacerdote Crise.

Apollo, che guidò la freccia di Paride nell'unico punto vulnerabile di Achille, il suo tallone, togliendoci la risorsa piu forte.... Achille, il magnifico Achille che, pur di avere gloria eterna lasciò sua madre, la vita, per questa inutile guerra.

Era, sempre a vegliare su di noi, le sue bianche braccia avvolgenti, che ci proteggevano e circondavano.
Atena, una compagna fidata, che mi sorveglia, con i suoi occhi dell azzurro più intenso, luminosi, splendenti.

Atena, che mi guidò alla ricerca dell Fortuna, proteggendomi nella città nemica, oscurandomi dalla vista dei Troiani. Atena, che mi portò da Helena, bellezza divina, crudele nella sua arroganza; Elena che mi svelò tutti i segreti dei Troiani permettendomi di uscire incolume dalla roccaforte.
Atena, che convinse Ettore a scontrarsi con Achille, trasformandosi in Eleno, uno dei tanti figli di Priamo, permettendo al Pelide di aver vendetta sul povero Patroclo, privando i Troiani del loro migliore guerriero. Io solo riconobbi la mia dea quel giorno.

Rivedo chiaramente Ettore trionfante che appicca fuoco alle nostre navi, che macella i nostri uomini migliori, che crea una scia di sangue e distruzione; ho provato sollievo nel saperlo morto ma anche dispiacere poiché lui, fra tutti, incarnava l'eroe perfetto.

Atena, sempre accanto a me, anche ora che sono salpato dalle spiagge in fiamme. Spero mi protegga in questo viaggio di ritorno, dopotutto ho compiuto parecchi gesti disonorevoli sotto le mura di Troia.
Un'altra divinità che mi pare di aver scorso in battaglia è Afrodite, ma non schierata dalla nostra parte! Afrodite, a cui erano cari Paride ed Enea. Mi sembra di averla vista durante il combattimento fra l'Atride Menelao e il vile Paride, quando avvolse quest'ultimo in una nube di polvere, salvandolo da morte certa. O ancora, quando salvò la vita ad Enea, portandolo lontano da Achille in una delle sue fasi di distruzione.
Certo è che senza le divinità la guerra sarebbe finita molto prima ed io sarei tornato a casa senza aver dovuto ricorrere a quello sporco trucco per vincere. Ora sono in mare, viaggiando per tornare ad Itaca con i compagni sopravvissuti. Prego Poseidon di concedermi un viaggio traquillo ma in cuor mio so gà che non sarà così...

Ho usato un mezzo troppo meschino per andarmene da quella landa maledetta. Nella nostra società il timè in battagli è tutto! Ma, dopo dieci anni di combattimenti, abbiamo espugnato Troia ...con l'inganno. L'ispirazione è venuta dalla mia protettrice: avevo già sottratto ai troiani la loro “fortuna” e quindi ho ordinato di costruire un cavallo di legno gigantesco, maestoso, in onore alla mia dea. Sapevo che i troiani avevano particolarmente a cuore Atena-Occhi-Azzurri ma sapevo anche che lei aveva occhi solo per me.

Ricordo la gioia sul volto dei miei compagni quando i nemici ci portarono dentro le mura della fortezza: se solo ci avessi pensato prima, non avrei certo sprecato dieci anni colmi di sofferenza vedendo perire i miei amici uno dopo l'altro.L'immagine di Troia in fiamme ancora sconvolge il mio cuore. Dalle città salgono grida e lingue di fuoco ed io, Odysseo, figlio di Laerte,  sono l'artefice di tutto, il distruttore di città.

Ormai non è più tempo di rimuginare il passato: spero solo di arrivare presto a Itaca nonostante il mio ignobile tranello. Prego gli dei di perdonarmi e di permettermi di riabbracciare Telemaco e la mia Penelope chioma mistica.

2 commenti:

  1. A parte qualche piccola correzione che secondo me non è il tipo di commento che ci interessa ricevere, trovo il tuo racconto avvincente e molto ben documentato. Ho letto tutto con attenzione e mi sono trovata calata nel personaggio (che era il nostro obiettivo di questo mese). Forse potresti asciugarlo un po' ma - come sai - questo è uno sforzo che aiuta sempre il testo.

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  2. Sono d'accordo sull'asciugare un po'. Eviterei anche l'elenco di tutti gli dei, mentre ho apprezzato l'accento sull'esserne in balia da parte di Ulisse e che mi sarebbe piaciuto avessi sviluppato ancora di più. Nel complesso, nonostante sia una storia conosciuta, hai saputo renderla accattivante.

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