Io non ci volevo
andare. Tutto quel sangue che mi annebbiava la vista, i morti che danzavano
tristi nei miei sogni... Tutto inutile. Un gioco del destino, per il
divertimento degli dei. Per fortuna la saggia Atena vegliava su di me, mi
proteggeva, entrava con me in battaglia. Non so come avrei fatto senza il suo
divino aiuto, a rimanere vivo per dieci faticosi anni sotto le inespugnabili
mura di Troia.
Troia, la
roccaforte di Priamo, il saggio Priamo, ucciso crudelmente da Pirro
Neottolemo, figlio di Achille; sangue saggio, di un uomo forte e coraggioso che
per molti anni aveva regnato giusto e fermo sulla città. Uno spreco.
Troia, le cui alte
mura per dieci interminabili anni hanno assistito alle inutili battaglie, alle
stragi, ai massacri compiuti da Ettore, Enea, Aiace, Aiace, Achille, Diomede
eroi dei due schieramenti.
Troia, patria di
molti eroi ormai nell'Ade, a lamentarsi incessantemente, costretti a vagare per
sempre nel buio, soli, ricordando la vita, la giovnezza, strappata con forza da
quella lunga e inspiegabile guerra.
Troia, protetta
dalla sua Fortuna, quella maledetta statua che per dieci anni vegliò su essa,
separandomi da Penelope, dal piccolo Telemaco, da mio padre Laerte, da Itaca.
Della mia piccola isola solo il ricordo, ormai vago, ma ugualmente conficcato
nel petto, delle rocciose spiagge, dei campi di viti e ulivi. Ricordo con
piacere le passeggiate con Penelope dalle chiome della notte, mano nella mano,
quando ero ancora giovane, con sogni, speranze, non ancora distrutte da dieci
anni di combattimenti.
Itaca, la mia
terra natia, la piccola, rocciosa Itaca, protetta da mari e scogli. Itaca,
sulla quale avevo passato la mia giovinezza, felice, spensierato, allenato da
Mentore per diventare un giorno re. Se solo non fossi stato io il re, se solo
fossi stato un nobile come gli altri, forse non avrei dovuto lasciare tutto,
tutto ciò che amavo per Helena dagli occhi di perla e la sua folle
decisione: simile a una dea, sarà per sempre ricordata per ciò che ha causato e
per aver fatto soffrire tutti i piu grandi guerrieri di quel tempo, me
compreso.
Ricordo
perfettamente il giorno in cui giunse la notiza sulla mia piccola isola - il
messo trafelato, stanco dal lungo viaggio, mi guarda attentamente negli occhi e
mi sussurra in un orecchio: “ Hanno rapito la regina di Sparta, i Troiani
l'hanno portata via, Menelao è furioso, Agamennone ha proclamato guerra!!”
Agamennone, il re
dei re, governatore di Micene, per lui probabilmente Helena era solo una scusa,
una scusa per conquistare il territorio di Priamo, chiave della rotta
commerciale.
Ricordo che sono
partito per Sparta, volevo convincere Menelao a fare un'ambasciata a
Troia per reclamare la sua sposa. Rammento perfettamente le mie emozioni quando
Priamo, sventura su di lui, rispose di no.
“No”, un'unica
sillaba che suggellò l'inizio della guerra.
“No”, due lettere
che fecero di noi Achei eroi cantati dalle generazioni future ma a cui era
stato rubato il presente.
“No”, una sola
parola, inizio della fine.
Mi chiedo spesso
se la decisione di Priamo fu influenzata dai celesti, per rompere il tranquillo
scorrere dei fatti.
Li ho visti spesso
in quei faticosi anni, Apollo, Era, Afrodite, Atena, Ares, Zeus, Poseidone;
entravano in battaglia e uccidevano; il loro livello di combattimento troppo
superiore al nostro, ghigni orribili sul volto, espressioni di gioia nel
movimentare le azioni militari.
Apollo, l'arciere
splendente, che causò fra le nostre truppe un'epidemia, per vendicarsi del
rapimento di Criseide bella guancia, figlia del suo sacerdote Crise.
Apollo, che guidò
la freccia di Paride nell'unico punto vulnerabile di Achille, il suo tallone,
togliendoci la risorsa piu forte.... Achille, il magnifico Achille che, pur di
avere gloria eterna lasciò sua madre, la vita, per questa inutile guerra.
Era, sempre a
vegliare su di noi, le sue bianche braccia avvolgenti, che ci proteggevano e
circondavano.
Atena, una
compagna fidata, che mi sorveglia, con i suoi occhi dell azzurro più intenso,
luminosi, splendenti.
Atena, che mi
guidò alla ricerca dell Fortuna, proteggendomi nella città nemica, oscurandomi
dalla vista dei Troiani. Atena, che mi portò da Helena, bellezza divina,
crudele nella sua arroganza; Elena che mi svelò tutti i segreti dei Troiani
permettendomi di uscire incolume dalla roccaforte.
Atena, che
convinse Ettore a scontrarsi con Achille, trasformandosi in Eleno, uno dei
tanti figli di Priamo, permettendo al Pelide di aver vendetta sul povero
Patroclo, privando i Troiani del loro migliore guerriero. Io solo riconobbi la
mia dea quel giorno.
Rivedo chiaramente
Ettore trionfante che appicca fuoco alle nostre navi, che macella i nostri
uomini migliori, che crea una scia di sangue e distruzione; ho provato sollievo
nel saperlo morto ma anche dispiacere poiché lui, fra tutti, incarnava l'eroe
perfetto.
Atena, sempre
accanto a me, anche ora che sono salpato dalle spiagge in fiamme. Spero mi
protegga in questo viaggio di ritorno, dopotutto ho compiuto parecchi gesti
disonorevoli sotto le mura di Troia.
Un'altra divinità
che mi pare di aver scorso in battaglia è Afrodite, ma non schierata dalla
nostra parte! Afrodite, a cui erano cari Paride ed Enea. Mi sembra di averla
vista durante il combattimento fra l'Atride Menelao e il vile Paride, quando
avvolse quest'ultimo in una nube di polvere, salvandolo da morte certa. O
ancora, quando salvò la vita ad Enea, portandolo lontano da Achille in una
delle sue fasi di distruzione.
Certo è che senza
le divinità la guerra sarebbe finita molto prima ed io sarei tornato a casa
senza aver dovuto ricorrere a quello sporco trucco per vincere. Ora sono in
mare, viaggiando per tornare ad Itaca con i compagni sopravvissuti. Prego
Poseidon di concedermi un viaggio traquillo ma in cuor mio so gà che non sarà
così...
Ho usato un mezzo
troppo meschino per andarmene da quella landa maledetta. Nella nostra società
il timè in battagli è tutto! Ma, dopo dieci anni di combattimenti, abbiamo
espugnato Troia ...con l'inganno. L'ispirazione è venuta dalla mia protettrice:
avevo già sottratto ai troiani la loro “fortuna” e quindi ho ordinato di
costruire un cavallo di legno gigantesco, maestoso, in onore alla mia dea.
Sapevo che i troiani avevano particolarmente a cuore Atena-Occhi-Azzurri ma
sapevo anche che lei aveva occhi solo per me.
Ricordo la gioia
sul volto dei miei compagni quando i nemici ci portarono dentro le mura della
fortezza: se solo ci avessi pensato prima, non avrei certo sprecato dieci anni
colmi di sofferenza vedendo perire i miei amici uno dopo l'altro.L'immagine di
Troia in fiamme ancora sconvolge il mio cuore. Dalle città salgono grida e
lingue di fuoco ed io, Odysseo, figlio di Laerte, sono l'artefice di
tutto, il distruttore di città.
Ormai non è più
tempo di rimuginare il passato: spero solo di arrivare presto a Itaca
nonostante il mio ignobile tranello. Prego gli dei di perdonarmi e di
permettermi di riabbracciare Telemaco e la mia Penelope chioma mistica.
A parte qualche piccola correzione che secondo me non è il tipo di commento che ci interessa ricevere, trovo il tuo racconto avvincente e molto ben documentato. Ho letto tutto con attenzione e mi sono trovata calata nel personaggio (che era il nostro obiettivo di questo mese). Forse potresti asciugarlo un po' ma - come sai - questo è uno sforzo che aiuta sempre il testo.
RispondiEliminaSono d'accordo sull'asciugare un po'. Eviterei anche l'elenco di tutti gli dei, mentre ho apprezzato l'accento sull'esserne in balia da parte di Ulisse e che mi sarebbe piaciuto avessi sviluppato ancora di più. Nel complesso, nonostante sia una storia conosciuta, hai saputo renderla accattivante.
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