sabato 1 febbraio 2014

Il tesoro

La conservavo da quando ero bambino, dal giorno, ormai tanto lontano, in cui l’avevo trovata in riva al mare.
Passeggiavo guardando le onde altissime, figlie del vento di maestrale; raccoglievo sassi e conchiglie che lanciavo con rabbia verso di loro colpevoli, a parer mio, di avermi rovinato la giornata impedendomi di incontrare gli amici con i quali avevamo organizzato, da molti giorni, una gita in barca.  
Mi era capitata fra le mani per caso e fu un caso o forse il destino a bloccare il movimento del mio braccio, a evitare che la mie dita si aprissero per  liberare quello che, stretto nel pugno, era troppo piatto per essere una conchiglia e troppo regolare per essere un sasso.  L’avevo guardata, tenendola nel palmo, ma il suo unico occhio non aveva ricambiato il mio sguardo e continuava a guardare fisso davanti a sé, girandola avevo scoperto un grosso uccello che guardava dalla parte opposta.
Sembrava antica, il metallo era levigato e consumato dal tempo, ma aveva mantenuto il calore prezioso dell’oro, si distinguevano ancora le immagini sulle due facce:
da un lato un profilo dal naso leggermente adunco, la barba ricciuta e un elmo a coprire il capo, dall’altro un’aquila che appoggiava un artiglio sulla lettera R e l’altro sulla A. La O e la M al centro completavano la parola: ROMA.
Nessuno sapeva della sua esistenza, se avessi svelato il mio segreto, ne ero certo, avrei perso il mio tesoro ed’era rimasta nascosta e custodita in una vecchia scatola di latta per tutti quegli anni.
Le avevo attribuito la fortuna che mi aveva sempre accompagnato riempiendo la mia vita più di giorni felici che di giorni tristi, ma tra poco, lo sentivo, alla mia porta avrebbe bussato qualcuno che nessuno vuole incontrare e sarei partito senza poterla portare con me.
Dovevo trovare un nuovo custode per il mio talismano e avrei scelto tra i miei nipoti.
<< Qual'è il tuo sogno? >>  Avevo chiesto a ognuno di loro.

Non c’era una risposta giusta e una sbagliata, ma quella moneta oggi è diventata un sogno per l’unico dei ragazzi che di sogni ancora non ne aveva, quello ancora capace, spero, di scorgere la sua vera ricchezza.

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