E’
una serena domenica di primavera e abbiamo deciso di ritrovarci a pranzo a casa
mia, con le famiglie dei miei figli.
Si
prepara la tavola, si controlla se c’è tutto. Un momento… manca il formaggio
grattugiato e con il risotto, si sa che ci vuole!
Corro
ad aprire la porta del frigorifero, ma un groppo in gola mi impedisce di dire:
“Lo porto io!"
Sì, il suo posto era in frigorifero, ma negli ultimi tempi lo si poteva trovare ovunque, perché la memoria le giocava brutti scherzi…
Sì, il suo posto era in frigorifero, ma negli ultimi tempi lo si poteva trovare ovunque, perché la memoria le giocava brutti scherzi…
Era
un oggetto in plastica morbida, trasparente ma opaco, si vedeva che era stato
usato parecchio. L’essere stato lavato spesso, gli aveva fatto perdere la sua
brillantezza originaria che, tuttavia, non risultava indispensabile all’uso
quotidiano.
A
lei piaceva avere un certo ordine nel frigorifero e, aveva trovato la soluzione
per occupare meno spazio nel riporre i cibi, sostituendo le pentole con dei
contenitori, appunto, muniti di coperchio, che potevano essere sovrapposti
senza problemi di rovesciamento.
Il
contenitore che ora appartiene a me, è uno dei tanti, prodotti negli anni ’60
credo, di marca Tupperware, i primi ad invadere le case negli anni del “boom
economico”.
Ha
forma triangolare ed è destinato a contenere formaggio “a spicchi”, ma lei lo
usava soprattutto per metterci il grana già grattugiato.
Ricordo
ancora l’aroma del formaggio rimasto che si sprigionava non appena lei apriva
lo spigolo del contenitore e mi diceva: ” Grattugiane un bel po’, perché il
formaggio è il ruffiano dei primi piatti!”.
Mi
sale, in questo momento, l’acquolina in bocca perché penso ai tanti manicaretti
che cucinava e in cui usava il grana: dal riso alle zucchine, ai funghi, agli
gnocchi di patate…
La
vedo ancora, nel cucinino, grembiule con pettorina, lavare con cura le verdure
selezionate e prepararle nel modo in cui la ricetta lo richiedeva. Poi,
terminata la cottura, raggiungeva il tinello in cui c’era la tavola
apparecchiata e appoggiava la pentola sul tavolo e lì la lasciava per qualche
minuto, perché prima si recitava una breve preghiera di ringraziamento per il
pane quotidiano e per i familiari che non potevano essere più alla mensa, in
quanto partecipavano a quella del Padre.
Mi
urlano: “Arriva il grana?”
“Certo
che arriva!” – Rispondo, tornando ai miei doveri di cuoca- mamma-moglie-nonna.
“Allora
pronti per la preghiera…chi vuole iniziare?”
“Io,
nonna! Esclama Raffaele, il nipote maggiore. “Però - prosegue – cantiamo quella
che si canta dagli scout, e voi tutti dovete seguirmi e fare i gesti che faccio
io”.
Qualcuno
risponde: ”Aggiudicato!”
Continuare
ciò che lei mi ha insegnato, anche con altre formule non mi sconvolge: è un
modo per sentire la sua presenza e quella di tutta la famiglia.
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