Un cerchio di luce abbagliante attorniato da altri
fari più piccoli ma altrettanto luminosi ti acceca: un sistema solare i cui
pianeti sono tutti alla stessa distanza dalla loro stella. Ora è il tuo
personale universo.
Non senti più le gambe da quando ti hanno estratto
dall’auto.
Non ricordi nulla se non quelle assurde maschere di
carnevale sul viso, le battute a raffica di Carmen e le vostre risate, Gaia che
dice: «Non ci vedo più!» e lo schianto insieme al buio totale.
Dove sono Carmen e Gaia?
Hai chiesto di loro più volte ma l’infermiera non ti
ha risposto, ha continuato a ripetere come un disco rotto di stare tranquilla.
Ora le sue colleghe sono qui, intorno a te, indossano cuffiette e mascherine.
Sono in attesa che l’anestesia faccia effetto per procedere all’operazione
mentre il chirurgo si sta preparando. Scruti i loro occhi cercando
rassicurazioni che non arrivano.
Non puoi vederti gli arti perché sono nascosti da una
specie di catafalco. La luce crea uno strano effetto sulle pieghe del lenzuolo
verde che lo ricopre facendolo assomigliare a una maschera gigante, un moai dell’isola di Pasqua con un ghigno
orribile. T’impedisce di guardare cosa ti stiano facendo, con cosa stiano
armeggiando, ascolti senza comprenderle parole tecniche, oscure. L’anestesista
ti tiene il viso e questo un poco ti rassicura e ti consola ma vorresti sapere
di più.
Le tue gambe ci sono ancora?
All’improvviso senti un dolore intenso, come uno
strappo, una lacerazione, gemi e l’anestesista, clemente, ti avvicina una
mascherina e te l’appoggia sul viso.
Senza accorgertene ti allontani da qui.
La scena è ben descritta, ti fa essere lì e vivere le sensazioni della ragazza, ma non sono sicura che il tema sia stato centrato.
RispondiEliminaMenzioni maschere di tutti i tipi, ma restano sempre elementi molto marginali, forse troppo marginali. Ciao <B