lunedì 25 gennaio 2016

Solitudine

Il viaggio era stato veloce ma spossante e ora restava seduto, immobile, solo i suoi grandi occhi sfrecciavano per il locale.
C’era parecchia gente sia in piedi che ai pochi tavolini; bevevano caffè, mangiavano cornetti, sfogliavano distrattamente i quotidiani messi a disposizione dei clienti.
C’era un grande frastuono intorno.
Angelo bevve il suo caffè: non era un granché, ma in quel momento non gli interessava poi così tanto.
La sua attenzione invece, fu catturata da un cliente anziano che sedeva appartato a un tavolino in fondo al locale.
Tutto chino, un quotidiano davanti a sé aperto sulla pagina scientifica, nessuna compagnia.
«Salve! Buone nuove, oggi?»
Il vecchio, stupito per l’inattesa attenzione, si affrettò a rispondere cortesemente: «Purtroppo le notizie negative superano di gran lunga quelle buone, come sempre». E aggiunse: «Scusi, forse ci siamo già visti?»
Angelo esitò un attimo prima di rispondere, tutto preso ad osservare il tre pezzi grigio e un papillon di seta a righe: era molto elegante, sulla settantina o poco meno, con pochi capelli bianchi pettinati all’indietro e una curatissima barba, bianca anch’essa. Possedeva un innegabile fascino.
«Veramente no - rispose - però lei mi è parso da subito una persona interessante».
«Calma, giovanotto, non sarà mica qui per propinarmi l’ennesimo cambio compagnia telefonica, l’assicurazione sulla malattia, o, peggio ancora, l’affare del secolo…!»
«No, si sbaglia, nessuna delle tre e nulla di quant’altro faccia pensare a ciò che sa di fregatura».
«Uhm… lo ammetto: sono una persona più che diffidente, se non è questo, che vuole dalla mia vita?»
«Semplicemente scambiare quattro chiacchiere con lei».
«Se effettivamente è questo lo scopo della sua conversazione - replicò l’anziano - più che volentieri, ma non cerchi di intrappolarmi con domande personali».
«Suvvia, ancora non si fida! Mi presento: sono Angelo, non sono un cliente abituale, ma qualche volta mi fermo a bermi un caffè e osservo la gente: non è il mio sport preferito, ma anche questo è un modo come un altro per passare il tempo in modo diverso, distogliermi dai miei pensieri e calarmi nella vita degli altri».
«In parole povere, lei non si fa i fatti suoi». 
«Non è propriamente così…»
Angelo fu presto interrotto.
«Riassumiamo: - e mettendo avanti il pollice destro alzato - non è qui per vendere, - e sollevò l’indice destro - è qui per osservare la gente, - infine alzò il medio - per passare il tempo e…continui lei, prego!»
«E…per incontrarmi sulla soglia di chi apre la sua porta, di chi non mi respinge, ma mi accoglie».
«Forse lei non sta parlando della porta di casa, giusto?»
«Vede che c’intendiamo alla perfezione!»
«Allora entri, non ha l’aria di essere invadente. Vivo solo ora, in passato avevo una moglie e una figlia decedute in un tragico incidente venuto dall’alto,  sulla spiaggia in cui avevamo deciso di festeggiare il mio onomastico». Sospirò e…chiese: «Posso offrirle un caffè?»
«No, grazie, l’ho appena preso».
Riprese: «Che altro dire? Da quel maledetto giorno non conta più nulla per me. Tutto si è fermato e tutto ruota attorno alla domanda: perché? Forse non ho il coraggio per rispondere, o meglio non posso o voglio sapere. È .tutto così offuscato. Ho solo avuto il coraggio di perdonare il pilota responsabile della strage, non l’ho denunciato poiché già una famiglia era stata distrutta (la mia) e non valeva certo la pena rovinarne un’altra. Per il resto… non ho più la vita di prima, o meglio, non ho più vita. Mi sento solo, sono solo, anzi, voglio rimanere da solo e non vedo l’ora di raggiungere i miei cari».
«Scusi se m’ intrometto, ma, a mio parere, oltre ai suoi cari, lei ha perso anche la fiducia».
Il vecchio, che appena prima sembrava sottotono, d’improvviso si alzò, si accalorò e  con accenti vibranti gli disse: «Fiducia? In chi o in che cosa dovrei avere ancora fiducia, ormai? A chi o a che cosa dovrei offrire fiducia?»
Angelo, con modi pacati, intervenne: «Ognuno di noi, se sincero, sa quali sono le barriere che gli impediscono l’incontro con l’altro, con le persone che hanno bisogno anche di noi.  Purtroppo non sempre siamo pronti ad accettare il confronto. Certo, ci può cambiare la vita, ma occorre coraggio, ci viene richiesto uno sforzo che non necessariamente sarà ripagato come lo intendiamo noi oggi. La voce sottile che alberga in noi è spesso sopraffatta da altre voci che incentrano tutto sul proprio tornaconto personale, escludono gli altri adducendo motivazioni quali la diversità, per fare un esempio, e non tengono conto della dignità degli altri».
Tra i due ci fu un silenzio che parve durare un’eternità, ma servì al vecchio per abbandonarsi sulla sedia, chiudere gli occhi e riflettere.
«Signore, si sente bene?» chiese Angelo.
«Mai stato così bene in vita mia, lei mi ha dato da pensare…era da tanto che non lo facevo in questo modo. Non so ancora che farò, che decisioni prenderò, come le attuerò, ma sicuramente non sarò più sordo alle voci che mi suggeriscono di far crescere la fraternità nel mio ambiente e per questo la ringrazio. Come ha detto che si chiama?»
«Angelo, ma ora la devo lasciare, mi aspettano».
E poiché per lui, ormai, si era fatto tardi, volò a casa.       
       






2 commenti:

  1. Ciao Lucia,
    io faccio sempre un po' fatica a ritrovarmi nei personaggi troppo buoni, ma questo è un angelo e va bene così :-)
    I dialoghi, si sa, non sono cosa facile e questi risultano qualche volta poco scorrevoli.
    "solo i suoi grandi occhi sfrecciavano per il locale"
    Sai che questa frase mi ha messo inquietudine?
    Mi sono immaginata due occhi che correvano, solo gli occhi :-)
    Quindi le cose sono due: o io ho una fervida immaginazione (troppi Horror) o
    sfrecciavano è un po' eccessivo, ma io ho sicuramente una fervida immaginazione...


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  2. L'immagine azzardata a me invece piace molto. Secondo i miei gusti ogni tanto inserire un vocabolo o un verbo spiazzante aumenta l'attrattiva. E se pensiamo all'horror, non male poi la svolta "buona" imprevista del racconto.

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