mercoledì 27 gennaio 2016

Solitudine

Cara Ludovica,
ti ringrazio dell’invito, ma preferisco di no.
Conosco le tue obiezioni: «Ma almeno il giorno di Natale… Non puoi restare da solo, è la festa della famiglia, si celebra la nascita, un nuovo inizio. Sei sicuro di voler rimanere a casa in solitudine? che tristezza!»
Non c’è tristezza nella solitudine, io sto bene da solo, non è sempre stato così, ma da quando non c’è più Emilia sto con i miei pensieri, i miei libri, la mia musica.
Cucinerò un bel pranzetto e brinderò perfino, ma per il resto tutto come il solito, come sempre.
Ti ringrazio dell’invito, ma preferisco di no.

Peraltro, proprio perché le conosco, preferisco evitarle queste riunioni.
Un Natale passato forzatamente tra familiari che tornano a incontrarsi ogni anno, sempre più anziani, con sempre meno cose da dirsi ma rassicurati da una consuetudine che ha ormai accumulato una tale mole d’abitudine da diventare un rito che, persa la freschezza delle origini, vive di se stesso, si alimenta di se stesso.
Ti ringrazio dell’invito, ma preferisco di no.

In mancanza d’altro la mancanza d’altro diventa un valore. Certo qualcos’altro rispetto al piacere. Come i parenti che, ignoratisi per tutto l’anno, alla mensa natalizia si costituiscono a gruppetti e parlano male dello zio che non rinuncia a tingersi i quattro capelli rimastigli, della cugina a cui è cresciuta la pancia e sono scese le tette o dell’altra cugina che finalmente si è sposata con uno ricco, ma brutto e scialbo.
Ti ringrazio dell’invito, ma preferisco di no.

Mi dirai che non tutte le famiglie sono così. Hai ragione, ci sono quelle nelle quali si va abbastanza d’accordo, non si critica, non si disprezza, ma tutto si fonda sull’ipocrisia. Si finge che vada tutto bene perché è difficile e complicato rivelarsi, lo puoi fare solo con un amico o con un’amica, non con un parente e allora salvi la forma mentre la sostanza affonda.
Voglio evitare tutto questo, credimi.
Ti ringrazio dell’invito ma preferisco di no.

Quando mi parli di solitudine affermi quanto sia triste, ma non è meglio restare soli quando la solitudine non è abbandono ma ascolto di sé, con i ricordi, tutti, che ti scaldano il cuore, anche quelli tristi quando la rabbia è passata e il dolore è diventato una coperta calda in cui ti avvolgi?
Non è meglio restare soli con un libro che ti appassiona e con lui volare via in mondi inesplorati o immedesimarti nelle azioni e nei sentimenti dei personaggi e quando chiudi l’ultima pagina, lasciare che le emozioni si distendano sulla tua anima ravvivandola?
Ti ringrazio dell’invito ma preferisco di no.

Mi ha fatto però piacere che abbia cercato di inserirmi nel gruppone familiare, la tua amicizia è importante e ci tengo, quindi lascia che sia io a invitarti da me, dopo Natale però, in un giorno qualsiasi della settimana, cucino io. E non pensare che mi senta solo, voglio invece condividere solo con te quelle emozioni di cui ti ho scritto prima.
A presto.

Marco

1 commento:

  1. Ciao Miriam,
    quando l'ho ascoltato non me n'ero resa conto, ma nel rileggerlo ho notato che il racconto risulterebbe più incisivo togliendo l'ultima parte e terminando con: "Ti ringrazio dell’invito ma preferisco di no."

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