Cara
Ludovica,
ti
ringrazio dell’invito, ma preferisco di no.
Conosco
le tue obiezioni: «Ma almeno il giorno di Natale… Non puoi restare da solo, è
la festa della famiglia, si celebra la nascita, un nuovo inizio. Sei sicuro di
voler rimanere a casa in solitudine? che tristezza!»
Non
c’è tristezza nella solitudine, io sto bene da solo, non è sempre stato così,
ma da quando non c’è più Emilia sto con i miei pensieri, i miei libri, la mia
musica.
Cucinerò
un bel pranzetto e brinderò perfino, ma per il resto tutto come il solito, come
sempre.
Ti
ringrazio dell’invito, ma preferisco di no.
Peraltro, proprio perché le conosco, preferisco evitarle queste riunioni.
Un
Natale passato forzatamente tra familiari che tornano a incontrarsi ogni anno,
sempre più anziani, con sempre meno cose da dirsi ma rassicurati da una
consuetudine che ha ormai accumulato una tale mole d’abitudine da diventare un
rito che, persa la freschezza delle origini, vive di se stesso, si alimenta di
se stesso.
Ti
ringrazio dell’invito, ma preferisco di no.
In
mancanza d’altro la mancanza d’altro diventa un valore. Certo qualcos’altro
rispetto al piacere. Come i parenti che, ignoratisi per tutto l’anno, alla
mensa natalizia si costituiscono a gruppetti e parlano male dello zio che non
rinuncia a tingersi i quattro capelli rimastigli, della cugina a cui è cresciuta
la pancia e sono scese le tette o dell’altra cugina che finalmente si è sposata
con uno ricco, ma brutto e scialbo.
Ti
ringrazio dell’invito, ma preferisco di no.
Mi
dirai che non tutte le famiglie sono così. Hai ragione, ci sono quelle nelle
quali si va abbastanza d’accordo, non si critica, non si disprezza, ma tutto si
fonda sull’ipocrisia. Si finge che vada tutto bene perché è difficile e
complicato rivelarsi, lo puoi fare solo con un amico o con un’amica, non con un
parente e allora salvi la forma mentre la sostanza affonda.
Voglio
evitare tutto questo, credimi.
Ti
ringrazio dell’invito ma preferisco di no.
Quando
mi parli di solitudine affermi quanto sia triste, ma non è meglio restare soli quando
la solitudine non è abbandono ma ascolto di sé, con i ricordi, tutti, che ti
scaldano il cuore, anche quelli tristi quando la rabbia è passata e il dolore è
diventato una coperta calda in cui ti avvolgi?
Non
è meglio restare soli con un libro che ti appassiona e con lui volare via in
mondi inesplorati o immedesimarti nelle azioni e nei sentimenti dei personaggi
e quando chiudi l’ultima pagina, lasciare che le emozioni si distendano sulla
tua anima ravvivandola?
Ti
ringrazio dell’invito ma preferisco di no.
Mi
ha fatto però piacere che abbia cercato di inserirmi nel gruppone familiare, la
tua amicizia è importante e ci tengo, quindi lascia che sia io a invitarti da
me, dopo Natale però, in un giorno qualsiasi della settimana, cucino io. E non
pensare che mi senta solo, voglio invece condividere solo con te quelle
emozioni di cui ti ho scritto prima.
A
presto.
Marco
Ciao Miriam,
RispondiEliminaquando l'ho ascoltato non me n'ero resa conto, ma nel rileggerlo ho notato che il racconto risulterebbe più incisivo togliendo l'ultima parte e terminando con: "Ti ringrazio dell’invito ma preferisco di no."